Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Il percorso di Padre Rodrigues ricalca la falsariga del Cristo scorsesiano come struttura narrativa. Un percorso dove incontra innumerevoli tentazioni fino alla abiura(?) della propria fede. Una fede portata dai suoi confratelli in un paese lontano, non solo geograficamente, ma anche e soprattutto come mentalità e modo di vedere le cose. In cosa credono veramente i cristiani giapponesi? Ai valori del cristianesimo o solo all'illusione di essi. Trova terreno fertile in uomini e donne provati da una vita di stenti e sofferenze, dove l'illusione di un Paradiso senza sofferenze e dolore è il perfetto contraltare della propria vita terrena.
A differenza del Cristo di Dafoe, che fugge dalla consapevolezza del proprio divino, padre Rodrigues compie una ricerca personale con l'obiettivo di raggiungere il divino, nella convinzione personale di immedesimarsi nel Cristo stesso, nel respingere tutte le tentazioni, ma scontrandosi con la solitudine del silenzio e nella constatazione dolorosa che sono altri a pagare la propria superbia.
Rodrigues è un uomo che si costruito artificiosamente una propria natura divina. Essere un predestinato. E' convinto di professare la fede giusta, di avere la capacità di cambiare e sostituire la scala di valori di un popolo intero, di far attecchire le proprie piante fino alle radici della palude giapponese.
Calpestare un'icona di Cristo è abiurare la propria fede o semplicemente mettere sopra il piede ad un immagine? Forse la vera abiura in questo caso è quella nei confronti della propria superbia. Il silenzio è raggiungere la consapevolezza di essere semplicemente umano. Non esiste un disegno divino con lui protagonista.
Uno Scorsese diverso dalle sue ultime pellicole, più riflessivo e ragionato, pur con qualche sottolineatura di troppo. Un film molto complesso e sfaccettato, che pone più di una riflessione e per nulla banale.
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