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Silence

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Silence

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

Silence (2016): locandina

 

 

L'immagine finale.
Una postilla enfatica, innecessaria (o forse, probabilmente sì …), fallace, ad effetto.
Si trasecola, accerchiati e muti, fedeli, di fronte al religioso Silenzio che Martin Scorsese impone come unità di misura della sua visione/missione.
Invero, una sequenza che, mentre la mdp s'addentra sull'oggetto portatore della Rivelazione – una Verità vanamente taciuta, mai messa davvero in discussione -, aggiunge il carico definitivo a pensieri poco nobili che si andavano formando man mano che la storia prendeva il suo, ineluttabile, calcolatissimo (per)corso.
Silence non pone interrogativi: li depone, semmai, sull'altare di un patrimonio traboccante contraddizioni, dilemmi, conflitti già risolti: un processo di autoassoluzione di conseguenza scritto, tramandato, storicizzato.
Non resta che la sua ossequiosa, solenne messinscena.
Dunque, il romanzo omonimo di Shusaku Endo e il Giappone “palude” ove il cristianesimo non può attecchire: lo strumento (occasionale) della mission suona funeree note di didascalismo ed equilibrismo, assestando rumorosi assoli di manicheismo che non lasciano spazio né a dubbi né a riflessioni ulteriori.
Di contro, e di fatto, ambiguità morali e grav(os)i turbamenti tanto interiori quanto universali restano sullo sfondo, sulla superficie levigata e lucidata sulla quale sono impresse - con l'indubbia maestria di cui è capace il grande cineasta newyorkese - inquadrature e scene che scandiscono profondità nonché etica di sguardo.
Fango, marosi, miseria, dettagli, simboli, e volti che trasudano tutta la complessità dell'umana natura, occhi e lamenti, sangue, azioni vili e violente ed esecrabili: il cuore di tenebra di Silence esiste (unicamente) nell'iconografia, nella retorica delle immagini (spettacolari, ma la sensazione di un malickismo di riporto persiste), nella tumefazione di corpi e di luoghi dello spirito, nel ricorso ad una pur affascinante letterarietà che, alla lunga, tradisce ambizioni e intenzioni. Un aggregato di precetti che inabissa legittime questioni e tematiche nel gorgo dell'apostolato.
Irrilevanti pertanto i valori tecnici, le (sentite) performance attoriali, il senso della tragedia.
Irrilevante il Silenzio (continuamente dichiarato, mostrato, parlato).
Ad oggi, il film più discutibile di Martin Scorsese.

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