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L'uomo di Rio

Regia di Philippe de Broca vedi scheda film

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La recensione su L'uomo di Rio

di hupp2000
9 stelle

Il migliore tra i sei film girati da Philippe de Broca con Jean-Paul Belmondo.

Due anni dopo il successo di “Cartouche”, Philippe de Broca torna a dirigere Jean-Paul Belmondo in questo scoppiettante film d’avventura, che gli farà registrare nella sola Francia la lusinghiera cifra di quasi cinque milioni di spettatori alla sua uscita nelle sale. Cinema popolare, quindi, ma di altissimo livello in termini di sceneggiatura, regia, interpretazione, scenografia e colonna sonora. Gli sceneggiatori (tra i quali lo stesso regista e il collega Jean-Paul Rappeneau) non hanno mai fatto mistero di essersi ispirati alle “aventures de Tintin”, come farà e dichiarerà di aver fatto Steven Spielberg diciassette anni dopo con “I predatori dell’arca perduta”. Gli album di Hergé forniscono effettivamente ghiotta materia per raccontare storie rocambolesche, dominate da un protagonista senza macchia e senza paura, affascinante e fondamentalmente onesto. L’aitante Jean-Paul Belmondo vi aggiunge il tocco del seduttore “tombeur de femmes”, innamorato della splendida e ancor oggi compianta Françoise Dorléac (come è noto, sorella di Catherine Deneuve).

 

Il ritmo è martellante, le sorprese si susseguono senza concedere tregua allo spettatore di qualsivoglia età (il motto del celebre “Journal de Tintin” non era forse “Pour les jeunes de 7 à 77 ans”?). Si salta da Parigi a Rio, da Rio a Brasilia, poi di nuovo a Rio, atterrando infine alla Parigi di partenza. Le tre città sono rappresentate con esemplare cura di dettagli d’epoca, dagli aeroporti ai treni, all’interno di appartamenti, ai costumi, ecc. ecc. Si resta catturati in particolare dalle riprese effettuate in una fatiscente Brasilia, la metropoli nata dal nulla, allora in fase di costruzione.

 

Con Philippe de Broca, Bebel girerà altre quattro pellicole, ricalcando forse troppo a lungo il personaggio che qui riesce ad esprimere nel modo migliore: spavaldo e scavezzacollo fino all’inverosimile, ma sempre con classe e notevole leggerezza, soprattutto nelle numerose scene acrobatiche per le quali rifiutava la partecipazione di cascatori professionisti. A differenza dei toni tipicamente inglesi e delle eleganti stilettate del contemporaneo Sean Connery alias James Bond, le folgoranti battute ironiche di Jean-Paul Belmondo arrivano come altrettanti schiaffoni a chi le subisce. In più di un’occasione, sono letteralmente scoppiato a ridere!

 

Partecipazione decisamente degna di nota è quella di Adolfo Celi, autorevole e ieratico come sapeva esserlo, calato qui in un ruolo che anticipa di oltre dieci anni quello dell’indimenticabile Largo in “Agente 007 - Thunderball” di Terence Young. Divertente ed efficace l’idea di non doppiare l’attore italiano, la cui naturale inflessione nell’esprimersi in francese può benissimo passare per accento portoghese.

 

Difficile trovare un difetto in questo ammirevole film, volutamente e genuinamente eccessivo, allegro e rapidissimo. Forse qualche scazzottata con arredi di scena che volano in mille pezzi e comparse che si esibiscono in numeri da circo si poteva risparmiare o quanto meno accorciare, ma sto veramente cercando il pelo nell’uovo.

 

Ottima, puntuale e originale la colonna sonora del maestro Georges Delerue.

 

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