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Elle

Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film

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La recensione su Elle

di solerosso82
9 stelle

Michèle (Isabelle Huppert), donna di mezza età, fiera e indipendente, leader di una società di produzione di videogiochi,  cinica tanto con i suoi dipendenti quanto con i parenti e gli amici, viene stuprata in casa. Inizia una caccia al nemico che la porterà a confrontarsi con le sue ossessioni.

 

Ci voleva l’ottantenne Paul Verhoeven, regista “divisivo” e tanto ostile alla critica (soprattutto americana) nei decenni passati, a offrirci uno dei migliori prodotti cinematografici dell’anno, adattamento del romanzo « Oh… » di Philippe Djian, presentato in concorso all’edizione 2016 del Festival di Cannes. Elle è un perfetto bignami del suo cinema, immorale e anti-borghese, che non poteva trovare quale migliore ambientazione la Parigi di oggi e soprattutto, un’immensa Isabelle Huppert.

Una protagonista spietata nel suo assoluto cinismo, priva di alcun sentimento di compassione, frigida pur non disdegnando di portarsi a letto il marito della sua unica e più cara amica. Testimone da bambina della follia omicida del padre serial killer, oggi Michèle è l’inflessibile direttore di una società di visual design, circondata da bei ragazzotti ventenni che, nelle loro immersioni di nerdismo tecnologico sbavano dal desiderio di sbattersi questa “cougar” single il cui sex-appeal è direttamente proporzionato alla sua posizone dominatrice. 

Michèle è una sorta di Etranger camusiano al femminile, le sue azioni sono dettate da un puro, egoistico, istinto di conservazione, indifferentemente appagante come quello del suo gatto, calato in un contesto estremamente razionale. E’ immorale, forse peggio, della celebre Catherine di Basic Istinct, che sfruttava le perversioni dei suoi amanti come muse ispiratori per i suoi gialli usa-e-getta. La violenza sessuale subita da Michèle diventa un pretesto per dare una svolta alla sua vita e liberarsi dal peso di una vita sessuale inappagante e ingiusta, per staccarsi dal figlio viziato, per fare i conti con un padre e una madre quasi ugualmente odiati. Soprattutto, invertendo il ruolo di preda/cacciatore, nel desiderio di dominare il suo stupratore, conoscendone l’identità, c’è un sadico concretizzarsi di passioni sadomasochistiche: solo stuprata e violentemente sottomessa riesce a godere, pur nella consapevolezza di avere in scacco il suo soggiogatore.

L'intero plot può essere sintetizzato nella metafora dicotomica del dominio / sottomissione (non solo sessuale, anche se il sesso ne rappresenta un elemento imprescindibile) e nella sua appagante posizione derivante, in cui Veroheven si diverte ad auto-citarsi. La violenza efferata dei videogiochi prodotti da Michèle, che ammiriamo in piccoli stacchi animati in CGI, ci rimanda al sesso subliminale degli spot apparsi nei video-notiziari dei fantascientifici Atto di Forza e Starship Troopers; l’uso della soggettiva durante lo stupro di Michèle, con la posa sottomessa a braccia aperte, quasi “crocifissa”, rimanda alla brutale uccisione del poliziotto Murphy in Robocop, in un trionfo di metafore cristologiche di morte-redenzione, chiodo fisso del regista olandese. Non mancano momenti topici hitchcockiani (i voyeurismi de La finestra sul cortile), anche se la struttura corale, quasi televisiva nei tempi di montaggio narrativo, è la riprova dell'attenzione del regista volta al piccolo schermo: per protagonisti dai volti volutamente soap-operistici (molto più caricaturali e patinati di quelli qui presenti, ovviamente, tra cui incontriamo Laurent Lafitte, Anne Consigny, Christian Berkel e Virginie Efira) si rimanda ancora al sottovalutato Starship Troopers.

Commedia dall’umorismo graffiante e fastidioso, da non confendere (come spesso avvenuto, ingiustamente, in passato) con posizioni misogine, meno surreale di quello che appare, Elle è cinema pieno di freschezza, diretto da un regista che meriterebbe un giusto (seppur tardivo) revisionismo critico generale.

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