Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Un film che a tratti dal dramma sconfina nel thriller e nella black comedy. Difficile classificarlo come appartenente a un genere. È un continuo tentativo di shockare lo spettatore e contraddire le regole del politically correct. La protagonista si comporta come un uomo ed è la figlia di un uomo finito in carcere a vita perche' colpevole del massacro di una serie di bambini. Ma al regista le motivazioni psicologiche dell'eccidio, compiuto dal padre quando Michelle aveva appena 10 anni, non interessano.
Vediamo la protagonista, oggi adulta e madre a sua volta, masturbarsi guardando il vicino della casa di fronte; la vediamo coinvolta in una relazione con la sua socia in affari e passare con nonchalence da un incontro sessuale all'altro. Quando subisce uno stupro stabilisce un gioco in cui provoca il suo assalitore fino alle estreme conseguenze. Insomma il personaggio della Huppert si pone al di là del bene e del male, finendo per manipolare tutti quelli che la circondano. La sceneggiatura è simile a un videogioco senza nessi logici che porta alla distruzione di tutto. Dimenticate tutto quello che avete imparato sui thriller americani: qui la donna è tutt'altro che una vittima delle violenze....È proprio vero quello che Veerhoven dice cioè che il film sarebbe stato impensabile senza la Huppert. Questo perché nessun'altra attrice ha alle spalle un curriculum di personaggi perfidi e perversi come quelli interpretati dalla stessa in "Grazie per la cioccolata" o "La pianista". Questa sceneggiatura presenta una Huppert alla massima potenza, una sorta di "mutante" che contraddice tutti gli stereotipi femminili: odia madre e padre, boicotta il matrimonio del figlio, tratta a pesci in faccia il proprio amante e finisce per provare piacere solo allorché prova dolore fisico.
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