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Il club

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Il club

di Mulligan71
8 stelle

Dopo la chiusura dello straordinario trittico sull'elaborazione del lutto della tragedia cilena di Pinochet, con il discreto "No - I Giorni Dell'Arcobaleno", (il più debole dei tre), uno dei migliori cineasti sudamericani torna a fare il suo Cinema, lontano dalle grandi star, con una storia circoscritta, in apparenza minore, ma di chirurgica potenza, implacabile come in "Tony Manero" o "Post Mortem". Quattro sacerdoti e una suora, con funzioni di badante, vivono confinati in una Casa, ovvero un luogo dove la Chiesa cilena ha deciso di relegare chi, nel passato, (ed ecco, quindi, tornare, prepotente, il fantasma enorme del regime), si è macchiato di crimini orribili, dalla pedofilia, alla connivenza coi militari, al traffico dei neonati, strappati alle madri per esser venduti all'alta borghesia cilena. Da loro arriverà un rappresentante della "nuova Chiesa", un gesuita, incaricato di chiudere quel luogo e portare ognuno a confessare le proprie colpe. Larraín si muove lento, in questo luogo d'incanto, fra la terra e l'oceano, e scruta i volti e l'arroganza, che ancora imbeve questi preti al confino. Gli interrogatori del gesuita e i racconti, atroci, sprezzanti, dei protagonisti non possono che portare ai film di Oppenheimer, al suo "The Act Of Killing", pur restando, questo, un film di finzione. E' un film, ancora, sulla memoria e sul dolore di un intero popolo, visti, questa volta, dal lato ecclesiastico, che ha, evidentemente, enormi colpe e sanguinosi peccati, ancora da scontare. Non si salva nessuno, tutto è demandato al potere divino, a un fantomatico Dio che tutto dovrà perdonare o punire: sulla Terra, o nella terra del Cile, non c'è giustizia umana, ci dice Larraín. Un film di una intensità soffocante, non bastano l'oceano e il cielo, quello laico, a fermare il puzzo della vergogna e dello squallore. Così come nei suoi primi film, in cui potevi sentire l'odore dei cadaveri, in "El Club" è tale la forza con cui il regista racconta questa storia, che si finisce la visione scossi e indignati. Grande Cinema, finalmente! Lontano, lontanissimo da qualunque baggianata da Oscar. Orso d'Argento a Berlino 2015.

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