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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su The Hateful Eight

di scandoniano
stelle

Il primo western-giallo-splatter della storia del cinema, che sprizza tarantinismo da tutti i pori: attori feticcio, esplosioni di violenza, narrazione non lineare, verbosità a gogò. “The hateful eight” è quel cinema che mentre gli offre una bevanda calda ha già il grilletto puntato alla tempia del suo spettatore.

locandina

The Hateful Eight (2015): locandina

 

Un groviglio di personaggi, aneddoti, circostanze. È questa l’essenza del cinema di Quentin Tarantino, prima ancora che turpiloqui, materiale ematico vagante, citazionismo. Tarantino ci mette all’oscuro di tutto, usando personaggi che disquisiscono a lungo su fatti che lo spettatore ignora completamente; entrano nei particolari, divagano, sciorinano lentamente nodi focali del discorso, costringendoci a seguire il dialogo e appassionarsi alla storia. Come al solito è la sceneggiatura la chiave del successo di Quentin Tarantino. Mentre narra le sue storie, questi sfoggia con orgoglio e egocentrismo il suo essere regista. Non fa eccezione “The hateful eight”, un gioco sensazionalistico a metà strada tra i dieci piccoli indiani di Agatha Christie e Cluedo.

 

Samuel L. Jackson

The Hateful Eight (2015): Samuel L. Jackson

 

Nonostante le numerose critiche l’ottava fatica di Tarantino si lascia guardare. Perché è una giostra grandguignolesca, in cui si alterna un’elegia dello stufato, ad improvvisate arringhe di ancor più improvvisati giustizieri, in cui il meccanismo del whodunit è spezzato da esplosioni di sangue e violenza ostentata e crudele. Perché Tarantino è sempre Tarantino. Non cambia il suo stile, ne rimane in parte vittima, in parte consapevole referente (talmente narcisista da portare il conto dei suoi film, tanto che nei titoli di testa si legge “8° film di Quentin Tarantino”).Il suo stile, fedele e coerente fin dal primo film, seppur costellato da alti e bassi in carriera, mantiene il fascino originale, giocando sull’unità di spazio, sulla suspense, sui flashback rivelatori. Srotolati attraverso una struttura narrativa peculiare e non lineare, con una divisione in capitoli, l’attenzione alla fotografia (utilizzata la rediviva pellicola Ultra Panavision 70 mm), le pistole pericolosamente incrociate tra i protagonisti.

 

Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth

The Hateful Eight (2015): Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Tim Roth

 

Fondamentali sono i personaggi (qui sono 8 e, come dice il titolo, tutti detestabili). Gli attori, tra cui i feticci Samuel L. Jackson, Michael Madsen, Tim Roth, Kurt Russell, vengono aggregati nello stesso luogo, incapace di accogliere elementi o interventi esogeni (stavolta per via della bufera): un sistema ideale per dare l’input ai topoi tarantiniani, ossia la non semplice definizione dei ruoli, la convivenza forzata ed il relativo effluvio verbale utile ad ammazzare il tempo.

Che poi si ammazzi anche altro è quasi obbligatorio quando dietro la macchina da presa c’è il regista del Tennessee. Così come appare evidente, piaccia o non piaccia, che le sofferenze non possano essere brevi o i sintomi della morte mai edulcorati. Tuttavia stavolta la misantropia (soprattutto misogina) prende il sopravvento e la crudeltà la fa da padrone, rubando la scena perfino alle invenzioni di scrittura, alla scenografia accattivante, alla fotografia (aiutata dalla citata Ultra Panavision) folgorante, alle musiche (Oscar al Maestro Morricone) decisamente memorabili.

 

scena

The Hateful Eight (2015): scena

 

The hateful eight” è un film dall’intensità quasi insopportabile (merito soprattutto del compositore italiano). Cambia spesso il registro, la voce fuoricampo istiga lo spettatore, la divisione in capitoli inneggia a nuovi scenari, ma soprattutto gli equilibri tra i personaggi cambiano di continuo, alimentando perennemente quella teoria del sospetto che mette tutti contro tutti e intima allo spettatore di schierarsi. Ma la furba organizzazione narrativa di Tarantino non può fallire (per esempio il rapporto di Minnie coi messicani è una informazione che lo spettatore non può sapere a prescindere), per cui è chiaro che il sensazionalismo non può scemare.

Il film è maestoso ed imponente, forse il primo western-giallo-splatter della storia del cinema: western nelle ambientazioni, giallo nella sceneggiatura, splatter nella messa in scena. Probabilmente per certi spettatori non un bel vedere, ma senza dubbio un’opera dell’ingegno avvincente e clamorosa, come al solito astuta e con tanto mestiere, con la farina del proprio sacco che Tarantino sparge a piene mani sul set. E passi se il Nostro è violento, misantropo, maniacale e morboso; chi ama Tarantino si bea del suo essere geniale e godereccio come pochi altri in giro.

 

Quentin Tarantino

The Hateful Eight (2015): Quentin Tarantino

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