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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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Tex61

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Hateful Eight

di Tex61
6 stelle

scena

The Hateful Eight (2015): scena

 

Melzo è stata per me una graditissima occasione d’incontro con molti altri cinefili ai quali ho dato un volto e con i quali ho scambiato alcune opinioni. Poi c’era la curiosità per la sala Energia del cinema Arcadia e per il suo schermo equiparabile alle dimensioni di un attico! Di fatto, e si sapeva, questo film non era l’ideale per valorizzarne completamente le peculiarità (soprattutto nella resa dell’impianto audio) ma la demo del prossimo Dolby Atmos ha fatto giustizia (per altro l’unica proiettata nella imponente pienezza dei 16,50 metri di altezza), però, visto il trailer di The Hateful height, mi aspettavo un grande coinvolgimento visivo che c’è stato solo a tratti; non per colpa della sala.

 

Nell’accingermi al commento dell’ottava fatica del buon Quentin non posso esimermi da una premessa: il genere che contraddistingue Tarantino (e qualche altro) non è il mio genere e in questo sconto un mio consapevolissimo limite che, ad esempio, non è quello di molti altri utenti che spaziano nell’intero universo delle proposte cinematografiche: io tendo più al cinema “drammatico-autolesionista”; per visioni esistenziali e per altre infauste concatenazioni di fattori. Non mi riferisco tanto al genere western quanto alla violenza ai limiti dello splatter. Ma veniamo al film e, con l’evidente premessa di un giudizio espresso da qualcuno che non ama particolarmente questo regista, ne azzardo almeno un commento oggettivo.

 

Se è difficile raggiungere la popolarità, il successo, il riconoscimento pressoché unanime della critica è immensamente più impegnativo mantenerlo. Tarantino non sembra il solo e il primo esempio simile e recente che mi viene potrebbe essere Sorrentino, perché no, anche Kiarostami e sicuramente anche qualche altro che dimentico e che “arranca” sulla cresta di un consenso acquisito e arduo da confermare. Scrivo questo basandomi sui commenti al film di altri utenti, tarantiniani convinti e più o meno delusi dall’ultima performance del regista del Tennessee. D’altro canto è facile e scontato diventare comunque oggetto di critiche, sia se si persevera su uno stile consolidato, sia se si tenta l’innovazione, la novità, un taglio con il passato. In una parola si corre il rischio di sbagliare sempre e l’unica strada percorribile appare quella di una crescita di maturità artistica nel rispetto degli elementi fondanti del proprio cinema. Per quanto mi riguarda posso citare gli unici due suoi film che ho visto, ovvero Pulp fiction e Django e devo dire che alcuni elementi ricorrenti della sua filmografia persistono, cito a memoria il famoso tabacco Red Apple o il riferimento ai piedi (non a caso la protagonista femminile viene ferita al piede) nonché i dialoghi apparentemente vuoti ma comunque trascinanti (in questo caso molto meno trascinanti di quelli dei due film che ho citato) mentre, per quanto riguarda l’altro elemento persistente del suo cinema, ovvero la violenza (a mio parere sempre gratuita), ero veramente stupito e preoccupato che alla fine del primo tempo non fosse ancora accaduto nulla di particolarmente cruento. Infatti le attese vengono fugate alla grande nell’ultimo terzo di film (te pareva!). Persiste inoltre l’epiteto negro associato alla sostanziale e riscattante centralità della figura che, infine, viene assegnata all’attore di colore. Sul film in quanto tale sono assolutamente apprezzabili tutte le riprese in esterno, in particolare il piano sequenza iniziale che mi aveva fatto sperare in altrettanto complessivo valore nel prosieguo ma, pur in presenza di una buona fotografia, non ho rilevato particolari eccellenze. Il tessuto narrativo è sicuramente articolato, ma privo di quel pizzico di genialità che è lecito attendersi da Tarantino. La colonna sonora, nella consapevolezza di attirarmi le ire di tanti utenti, non mi è parsa particolarmente coinvolgente e i famosi quattro minuti di “intro” non mi hanno dato particolari vibrazioni mentre i brani degli altri autori sono sicuramente più azzeccati. Da un punto di vista attoriale le prove più convincenti sono quelle di Russel e Jackson mentre, per mia colpevole simpatia riferibile a Nebraska, non ho potuto non cogliere anche la prova di Dern. La protagonista femminile è costantemente insanguinata (di sangue suo e degli altri) all’interno di un’inutile e ostentata forzatura visiva, ma di sicuro c’è chi apprezzerà. Mi astengo da qualsiasi commento sulle scene più cruente, perché sapevo cosa mi aspettava, (anzi credevo peggio!). Messaggi? Morale? Motivi di qualsivoglia riflessione? Direi nessuno. Di certo in questo film non c’è pietà, non c’è dialogo, non c’è redenzione di nessuno e quel ch’è peggio non ci sono neppure quelle grottesche situazioni che generavano il demenziale divertimento di Pulp fiction. Otto sostanziali criminali che subiranno la sorte che meritano. Fine del cinema di Tarantino!?. Non capisco ma mi adeguo alle opinioni dei suoi irriducibili sostenitori. Sei politico.

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