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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su The Hateful Eight

di supadany
6 stelle

Si vede nitidamente il marchio di fabbrica di Quentin Tarantino, ma ogni confronto con i capisaldi del suo cinema fornisce risultati in perdita. Strepitosa Jennifer Jason Leigh e l’ingresso sulle note di Ennio Morricone è galvanizzante, sul resto un “genuino” divertimento deve fare i conti con un ingranaggio contestabile.

Giro di giostra sull’OTTOvolante tarantiniano, come sempre attesissimo, Quentin Tarantino è, e rimane, uno dei rarissimi autori che portano al cinema il pubblico più ampio e disparato, anche la partenza italiana ha fatto registrare grandi numeri, ma adesso capisco come mai altrove, dopo primi giorni molto positivi, il film si sia “sgonfiato” rapidamente.

Arrivati ad un certo punto di una carriera, mantenere alto l’hype diventa impresa ardua, tanto più se lo stile è inconfondibile e ti prende già dal primo attacco (strepitoso con incalzante musica di Ennio Morricone) e con i primi dialoghi su sfondo cadenzato, ma poi aspetti cosa ti riserva il proseguio per farti un’idea globale ed il pensiero che si fa sempre più predominante è che un po’ tutto funzioni in maniera meno brillante rispetto alle puntante precedenti.

Da pochi anni è terminata la Guerra Civile americana, nel Wyoming imperversa una tempesta di neve che costringe la diligenza che porta il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell), la ricercata Daisy (Jennifer Jason Leigh) e due uomini pescati a sorpresa lungo il tragitto, un ex soldato nero (Samuel L. Jackson) e il presunto nuovo sceriffo Chris (Walton Goggins), ad interrompere il tragitto verso Red Rock dove la donna dovrebbe essere giustiziata, facendo tappa in un rifugio.

Qui non trovano chi si aspettano, il carico è troppo importante per vivere l’attesa serenamente e basta un attimo per far saltare i nervi, con sospetti reciproci che aumentano esponenzialmente la tensione.

 

Bruce Dern, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh

The Hateful Eight (2015): Bruce Dern, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh

 

Nella vita le coincidenze non esistono, tanto più quando gli interessi in gioco sono di carattere economico e di sangue, una tempesta di neve ed imprevisti incontri sono un fosco presagio e quando poi ci si trova costretti a condividere uno spazio ristretto con dei perfetti sconosciuti manca l’aria e la fiducia sul prossimo latita.

Da questi presupposti prende vita un western che dalle vaste distese delle prime (anche meravigliose) battute si ritrova sigillato in un rifugio che si fa sempre più stretto, con la menzogna a dominare e il conseguente dubbio instillato a grandi dosi, il tutto incastonato tra i classici dialoghi pensati da Quentin Tarantino.

E’ richiesta pazienza, ma per chi si trova a suo agio con il cinema dell’autore, la fatica è assolutamente relativa, se il ritmo non incanta, il corollario di cattiverie è garantito, tra epiteti riferiti al colore della pelle, una donna malmenata a livelli record e nemmeno la (presunta) giustizia dell’uomo bianco se la passa bene (da tutto questo un po’ si può capire come mai il film sia stato snobbato dai principali premi), ma quando arriva il break della versione 70mm trascorri una dozzina di minuti con la bava alla bocca sperando che lo spirito di Agatha Christie si palesi.

E sul più bello, quando tutto il conteggio generale dovrebbe trovare una dimensione concreta, l’intreccio vacilla, le varie azioni, soprattutto se considerate in maniera retroattiva, di uomini senza pelo sullo stomaco paiono troppo barcollanti, in più alcune variazioni al tema, il sangue da vero e proprio splatter, tendono a trasformare l’operazione in tutt’altro, o meglio in un ibrido.

Da vero amante dei generi non è certo una novità per Quentin Tarantino, ma l’identità è messa più a repentaglio di altre volte, non che manchi il divertimento, anche strettamente cinefilo, ci si potrà sbizzarrire a trovare decine di riferimenti, ma l’autore appare quasi scarico, o almeno non illuminato come (quasi tutte) le puntate precedenti del suo folgorante cinema.

Nota di plauso per il cast, che più avanti dovrò verificare/godere nella versione originale, grandiosa la rediviva Jennifer Jason Leigh, maltrattata, di sangue imbrattata sempre più, dalle espressioni beffarde e diaboliche, Samuel L. Jackson abbonda in sorrisi sardonici (e tra tanti dei peggio film in cui lo si vede di recente, ritrovarlo così gasa), Kurt Russell è decisamente pittoresco, i fidati Tim Roth e Michael Madsen reggono il gioco (per lo più stando semplicemente in campo), Walton Goggins è una bella pescata nel cinema tarantiniano, mentre speravo in miglior sorte per Bruce Dern e Demian Bichir che avrebbero potuto dare molto di più se solo ne avessero avuta l’occasione.

Per gli amanti del cinema di Quentin Tarantino c’è comunque il suo riconoscibile approccio e se si trattasse di un’opera prima di qualsiasi altro autore avrei trovato congruo virare su giudizi ben più lusinghieri, ma l’amore viscerale a volte gioca brutti scherzi e per quanto mi riguarda domani non posso che inserire nel lettore il bluray di “Inglourious basterds” e voltare pagina.

Tra un pizzico di delusione e una passione che comunque non muore mai.    

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