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The Hateful Eight

Regia di Quentin Tarantino vedi scheda film

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La recensione su The Hateful Eight

di LAMPUR
8 stelle

 

 

Jennifer Jason Leigh

The Hateful Eight (2015): Jennifer Jason Leigh

 

Arduo il sunto di Tarantino, bisunto di sangue e odio. Western stufato e spezzatino. Camini a scaldare nella bufera, porte inchiodate alle bell'e meglio con la tormenta a scardinare da fuori.

Mentre dentro ci si scardina in tutt'altra maniera.

Alla Tarantino.

Più spezzatino che stufato in realtà. A tavola coi loro cucchiai tenuti a pala, e quelle ciotole fumanti di carne ribollita, ti viene in mente nonna papera e le sue leccornie, nonostante sappia nel tuo intimo che ogni boccone può strozzartisi in gola.

Spezzatino di ossa e uomini.

Un emporio claustrofobico, e fuori solo tempesta.

Tempesta di neve che sentiamo addosso.

 

 

Samuel L. Jackson

The Hateful Eight (2015): Samuel L. Jackson

 

 

Il gabbiotto cesso a cento metri. Con una corda a guida, sequenza che che da sola vale un film.

Ma per cagarsi sotto basterà rimanere tutti dentro, in bunueliana memoria.

Tarantino gira da tutte le angolazioni, sfrucuglia ogni punto di vista.

Se esce dalla casa usciamo anche noi, viene da mettersi il cappotto. Se rientra c'accostiamo al camino a riprenderci dal gelo

Un buco di locale diventa esterno, spazio da riempire. Spazio da svuotare.

Spesso capita di non catalogare subito un fotogramma tanto è illuminante (“Da dove sta riprendendo?” è la domanda che ci si pone appena ripresi dallo stupore.. e il gioco di parole non lo scuso.. ci sta tutto).

 

Quindi non siamo noi a vedere il film.

Ma lui stesso a scovare in noi la capacità di scorgerlo.

Coi forward e i rewind, gli sfumati e i ralenty, i contro tempi e i contro spazi.

I dall'alto, i dal basso e i dal fuori.

I dialoghi cadenzati che scavano i personaggi e li scolpiscono tridimensionalmente, e noi spesso a non comprendere e a supporre, e far tesoro di input, silenzi, ghigni, metafore, ammiccamenti minacce, sospetti.. tutto tra piani di ripresa che si accavallano, o scorrono su binari che sfidano ogni ordine di logica visiva. I flash back ci proiettano indietro e avanti.

Siamo inchiodati in poltrona, e sballottati nello stesso tempo.

 

 

In frenetica diligenza o in un emporio dove solo il tempo è cristallizzato.

 

Eppure il plot non reclama importanza.

Per quanto di mega thriller si tratti. A tutti gli effetti.

Morricone disegna la sua musica scolpendola su un crocifisso in legno che parla sotto la neve, in un incipit che inchioda l'occhio assieme a quei polsi e ci fa capire che ci rimarrà giusto la preghiera. A tutti rimarrà forse solo una preghiera.

La storia di cacciatori di taglie ed ex combattenti di guerre civili si intersecano e vomitano - letteralmente - su ipocrisie e nuovi orizzonti di vita.

Fanno a pezzi un passato di lotta fratricida, di razzismo ancora fresco, di odio e vilipendio.

Si uccide in un amen, ci si commuove per una lettera, si tradisce e si ama.

Tutti contro tutti. Tutti contro tutto.

 

Tarantino che pesca e disegna (col sangue) almeno una Jennifer Jason Leigh monumentale, angelo evocato con le ciaspole per ali, e un Samuel L. Jackson da urlo, anche quando le sue sentenze le sospira appena.

Ma tutti gli “otto odiosi” si riveleranno lentamente, col freddo e la condensa che entrano in sala, come se indossassimo occhialini da 3D, col tiro di carrozza a sei cavalli che ci fruscia neve fresca addosso.

 

Lentamente.

Come melassa che cola, come sangue a rapprendersi.

 

 

locandina

The Hateful Eight (2015): locandina

 

 

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