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Revenant - Redivivo

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Revenant - Redivivo

di marcopolo30
10 stelle

Iñarritu ci regala un viaggio di 150 minuti splendidamente fotografati verso una vendetta che sa molto di Sergio Leone. Si permette 'en passant' di prendersi alcune libertà, ma d'altronde già il titolo si riferisce a qualcuno tornato dall'oltretomba, quindi non sta certo barando. Assolutamente da non perdere.

È ormai chiarissimo che quando un cineasta contemporaneo riesce a montar su uno spettacolo cinematografico di primissima qualità -”The Revenant” ad esempio- finisce sempre per andare incontro all'ostracismo prevenuto di quella critica intellettualoide che pur di smontarlo ricorre persino -in mancanza di migliori argomenti- a sottigliezze di tipo semantico. Una delle critiche ricorrenti è in questo caso la scarsa plausibilità degli eventi narrati. Eppure nessuno di questi (sedicenti) critici muoverebbe oggi la medesima accusa a -che so- “Arancia meccanica” o a un film di Hitchcock. E perché? È forse maggiormente plausibile che gli uccelli tutti di una data località si trasformino in assassini sanguinari? E i western classici? Vogliamo parlarne? E dunque sarebbe forse ora di smetterla con i due pesi e le due misure. Inoltre, volendo controbbattere sottigliezza con sottigliezza, è vero che la parola “revenant” deriva dal verbo francese “revenir” (“tornare”), ma è altrettanto vero che in inglese si usa esclusivamente facendo riferimento a qualcuno tornato dal mondo ultraterreno. Uno che torna a casa dal lavoro o rientra in città dopo le ferie non verrà certamente etichettato come “revenant”! E quindi, come ha fatto giustamente notare anche l'utente Pippus, un minimo di spazio di manovra nel -chiamiamolo così- ipo-realismo, Iñarritu lo reclama già dal titolo. Non sta barando, insomma. E, ora che mi sono tolto il dente, posso spendere due parole sul film. Due parole di numero visto che la mia è la centesima recensione e potrei quindi aggiungere ben poco di originale. “The Revenant” è stato per me un viaggio di 150 minuti nel freddo e nella sofferenza, entrambe rese alla grande dal regista messicano. L'inizio, a mille all'ora e di una violenza iper-realistica che non fa sconti, mi ha riportato alla mente quello di “Salvate il soldato Ryan”, mentre il resto del racconto -fotografato alla grandissima dal pluripremiato Lubezki- resta secondo me la quintessenza del cinema western leoniano, seppur aggiornato nei tempi e nelle forme alla sensibilità dello spettatore odierno. Ma il tema portante resta quello. Per quel che riguarda le interpretazioni, tanto Di Caprio quanto il suo antagonista Tom Hardy fanno un figurone e per entrambi meritatissima la nomination (e nel caso di Di Caprio anche la statuina). Fantastiche anche le musiche firmate Ryuichi Sakamoto. L'Oscar al miglior film avrebbe potuto starci, indubbiamente. Il film vincitore, “Il caso Spotlight”, non ho avuto modo di vederlo ma sarei sorpresissimo di trovarmi di fronte a una pellicola di qualità superiore a questa.

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