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L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo

Regia di Jay Roach vedi scheda film

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La recensione su L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo

di sasso67
7 stelle

Uno di quei film che mi è capitato di vedere in TV per caso, senza sapere di cosa si trattasse, ma che man mano mi ha colpito sempre di più e poi mi è rimasto dentro, è stato E Johnny prese il fucile (solo per fare un esempio, un altro film visto con le stesse modalità fu I misteri del giardino di Compton House di Greenaway). E Johnny prese il fucile fu realizzato agli inizi degli anni Settanta da Dalton Trumbo, che lo trasse da un proprio romanzo.

Scrittore nativo del Colorado, poi trapiantato in California, dove divenne uno dei più pagati sceneggiatori di Hollywood, Trumbo era un comunista e fu perseguitato dalla Commissione per la Attività Antiamericane. Rifiutatosi di testimoniare davanti a quell'organo politico, fu processato per oltraggio al Congresso e condannato a undici mesi di carcere, che scontò per intero. Ma alla fine della pena il suo calvario non era finito, perché a lui, come ad altre personalità di Hollywood (tra i casi più simili a quello di Trumbo, vengono in mente i nomi di Ring Lardner jr. e di Albert Maltz), venne impedito di lavorare, anche se nella pratica molti di loro, tra i quali lo stesso Trumbo, continuarono a sfornare copioni sotto falso nome o utilizzando dei prestanome (il termine ricorda anche un film degli anni Settanta, diretto da Martin Ritt, su questo argomento).

Il film di Jay Roach, nella sua narrazione, cerca di combinare l'aspetto politico con quello familiare, con una prevalenza di quest'ultimo aspetto, tanto che uno dei personaggi fondamentali della storia è Cleo (interpretata da una splendida Diane Lane), la moglie di Dalton. Nel finale del film, il protagonista dedica un premio appena ricevuto alla moglie, mentre in una intervista mostrata sui titoli di coda, il vero Trumbo dichiara che gli Oscar da lui vinti se li sarebbe meritati Nicola, la figlia maggiore, altro personaggio di grande risalto. Questo a testimonianza della prevalenza dell'aspetto privato sul pubblico, che comunque non è affatto nascosto. L'America ha vissuto un periodo terribile, nel quale la discriminazione era la regola - oltre al problema della segregazione razziale: non sarà casuale che qui afroamericani non se ne vedono. La persecuzione dei comunisti - visti come spie antiamericane - è durata a lungo, anche dopo che il maccartismo era finito e che Trumbo aveva di nuovo ottenuto di mettere il proprio nome sui titoli dei film, anche grazie a personaggi coraggiosi come Kirk Douglas e Otto Preminger. E anche dopo che ha smesso di cinguettare veleno quella strega da fiaba dei Grimm di Hedda Hopper, benissimo interpretata, come al solito, da Helen Mirren.

Il protagonista di Trumbo (era necessario allungare a dismisura il titolo italiano?) è il bravissimo Bryan Cranston, già superlativo interprete della serie Breaking Bad. Anch'egli era stato in lizza per l'Oscar poi andato a Leonardo DiCaprio per Revenant - Redivivo: chi lo meritava di più? Difficile, per me, dirlo: il tour de force sopportato da DiCaprio fa propendere per quest'ultimo, anche se chissà se e quando il meno giovane Cranston avrà l'opportunità di guadagnarsi la statuetta (sebbene non sia a corto di premi, avendone ricevuti moltissimi per il suo lavoro televisivo).

P.S. Nel film c'è un errore o un'imprecisione nella traduzione italiana? In un colloquio con il protagonista, Kirk Douglas afferma, durante le riprese di Spartacus, di non avere mai avuto sinora un regista tanto perfezionista quanto Kubrick, mentre in realtà Douglas aveva già lavorato con il regista newyorkese in precedenza, per Orizzonti di gloria.

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