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L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo

Regia di Jay Roach vedi scheda film

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La recensione su L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo

di omero sala
6 stelle

Il film ripercorre la storia dello sceneggiatore americano Dalton Trumbo, braccato dal Comitato per le attività antiamericane (guidato dal senatore repubblicano del Wisconsin Joseph McCarthy), che – negli anni ‘50 – avviò in America la caccia ai comunisti, tutti indistintamente accusati di spionaggio per l’Unione Sovietica, facendo numerose vittime nel mondo del cinema e mettendo a rischio la carriera di molti artisti: da Chaplin a Disney, da Robert Taylor a Gary Cooper, Da Miller a Losey. Alcuni, fra cui il regista Elia Kazan e l’attore Lee J. Cobb, si lasciarono convincere a fare nomi per continuare a lavorare.

Tumbo, non volle farsi delatore, non riconobbe l’autorità della commissione e non accettò di rispondere alle domande di McCarthy, e fu condannato a 11 mesi di carcere e poi ostracizzato per una decina di anni.

Con lui furono condannati, a pene più lievi, due registi, un produttore e altri sei sceneggiatori (la lista dei 10). Non servirono a molto i messaggi di solidarietà di Gregory Peck, Humphrey Bogart, Lauren Bacall, John Huston, Gene Kelly, Judy Garland, Joseph Cotten, Burt Lancaster, Frank Sinatra, Edward G. Robinson, Robert Ryan e di molti altri. La paranoia indusse invece i produttori di Hollywood ad andare oltre stilando una black list di circa 100 nomi.

Dalton Trumbo continuò a scrivere sotto falsi nomi, s’ingegnò a fare il ghostwriter per altri sceneggiatori (vincendo perfino due oscar per “Vacanze romane” e per “La più grande corrida”) e fu riabilitato solo grazie alla pressioni degli influenti Kirk Douglas e Otto Preminger.

 

Bryan Cranston

L'ultima parola: La vera storia di Dalton Trumbo (2015): Bryan Cranston

 

La trama è ben architettata, la sceneggiatura scorre densa e strutturata, i dialoghi sono incalzanti e frizzanti, la regia è impeccabile.

La ricostruzione del clima e del periodo storico è accurata.

Bryan Cranston (che impersona Dalton Trumbo) è perfetto (ma si era già fatto apprezzare come protagonista della laboriosissima serie Breaking bad (5 stagioni, 60 episodi).

Ci sono, nel film, momenti di intensa commozione e momenti, più frequenti, di squisita ilarità. Il tema è trattato con leggerezza non superficiale. La denuncia politica, esplicita, non assume i toni grevi della condanna intransigente: d’altronde nemmeno Trumbo pare che nutra rancore nei confronti dei suoi accusatori, ma mostra empatia e compassione per gli amici che, cedendo alle pressioni dei cacciatori di streghe, si allontanano da lui e lo denunciano.

 

Il film aggiunge informazioni alla conoscenza storica, offre stimoli emozionali, conferma la sensibilità politica, … ma non segna, scorre senza depositarsi, non muove corde profonde e nuove. Non coinvolge, non turba. Richiede la tua attenzione di fruitore, non la partecipazione empatica.

E’ come un piatto sofisticato, fatto di ottimi ingredienti, sapido e nutriente. Lo puoi solo beatamente consumare, e finisce lì.

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