Espandi menu
cerca
Gli uccelli

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

Recensioni

L'autore

omero sala

omero sala

Iscritto dal 7 dicembre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 5
  • Post -
  • Recensioni 196
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Gli uccelli

di omero sala
8 stelle

scena

Gli uccelli (1963): scena

 

In un negozio di uccelli di un piccolo paese degli Stati Uniti di nome Bodega Bay, l’avvocato Mitch Brenner (Rod Taylor) incontra la bella e ricca Melanie (Tippy Hedren, per tutto il film inquadrata con un effetto flou che la rende molto glamour): scatta immediata una reciproca attrazione che però viene mascherata dietro un gioco sottilissimo di provocazioni pungenti e di bisticci (qualche volta la seduzione si esprime così, per meccanismi strani di autodifesa). I due si stuzzicano e polemizzano su tutto, si cercano e si evitano, si tallonano e si sfuggono in un susseguirsi di schermaglie. Durante uno di questi tallonamenti (Mitch in spider e Melanie in barca, al timone nel suo inappuntabile abito verde e con le gambe accavallate in bella vista) la donna è aggredita da un gabbiano che la ferisce a una tempia: Mitch accorre e soccorre; il film dai toni brillanti cede il posto a un altro genere.

Melanie conosce Lydia Brenner, la accigliata madre di Mitch, la sua sorellina e Annie, l’ex fidanzata che si offre per ospitare la bella signora ferita e scossa dall’assalto del grosso uccello.

Nella notte, mentre fra Melanie e Annie si sviluppa uno strano rapporto di simpatia e competizione, un gabbiano si schianta violentemente contro la porta di casa …

Nei giorni immediatamente successivi accadono altri strani avvenimenti: durante la festicciola per il compleanno della sorellina di Mitch alcuni gabbiani assaltano i bambini che giocano nel prato sulle rive della baia e costringono tutti a sospendere la festa; la stessa sera, a cena, un nugolo di uccelletti esce dal caminetto e invade la casa; la madre di Mitch trova il cadavere di un agricoltore acciecato e dilaniato; dei corvi assalgono i bambini che escono da scuola e ne feriscono alcuni (terrificante l’inseguimento degli uccelli che si aggrovigliano ai capelli tentando di sforacchiare i crani e si ammucchiano sui corpi delle bambine che cadono).

Si comincia a pensare che gli attacchi dei volatili non siano una fatalità inspiegabile ma che siano preordinati, strategicamente organizzati, pianificati per uno scopo. E l’ornitologa che nega la volontà assassina degli uccelli parla al vento.

Gli assalti s’intensificano.

La tensione cresce nell’attesa del prossimo attacco.

 

Alfred Hitchcock

Gli uccelli (1963): Alfred Hitchcock

 

Ogni ondata si fa sempre più feroce, in un crescendo spaventoso, fino all’assedio nella casa dei Brenner, dove i tentativi di intrusione dei volatili che rompono finestre, trivellano porte coi becchi, lacerano mani in difesa, … fanno venire alla mente l’assedio degli zombie de La notte dei morti viventi girato da Romero pochi anni dopo.

 

Con la scena dei protagonisti che abbandonano la baia plumbea sotto gli occhi minacciosi di migliaia di uccelli appollaiati lungo la strada (non si sa se appagati della vittoria o pronti per l’attacco finale), il film si interrompe improvvisamente, (geniale!) senza che compaia la parola “fine”.

 

Alfred Hitchcock

Gli uccelli (1963): Alfred Hitchcock

 

 

Gli uccelli conserva intatta, a distanza di sessant’anni, la sua tensione inquietante e destabilizzante. La colonna sonora non ha un tappeto musicale (a quei tempi quasi obbligatorio) ma è costituita solo dagli strepiti degli strepiti degli uccelli danno i brividi.

La scena in cui Melania si trova intrappolata nella cabina telefonica con gli uccelli che si fiondano sulle vetrate come dei kamikaze, è terrificante: ma anche le scene dell’attesa (in cui incombe la minaccia di un nuovo attacco) sono altrettanto terribili. Anzi, le pause sono forse più sottilmente ansiogene delle sequenze frenetiche in cui gli uccelli scatenati si aggrappano alle loro vittime per sfogare la loro ferocia.

Pare che durante le riprese regnasse sul set un’inquietudine particolare: Rod Taylor aveva fifa di un corvo che lo aveva preso di mira; la Hedren (che, detto per inciso è la madre di Melanie Griffith) fu sostituita in alcune scene perché assalita dal panico e in preda a crisi nervose (ma si dice che gli choc erano sovraccaricati forse anche dalla tensione per le grossolane avances del regista).

 

Il film racconta in sostanza la storia di un’invasione di uccelli.

Ma, come succede in tutti i film di Hitchcock (e in tutti i film di un certo livello, in genere), le chiavi di lettura possono essere disparate: ogni spettatore, in base alla sua sensibilità (o alle sue paure, alle sue ossessioni, alla sua cultura, alle sue convinzioni etiche o politiche, …) trova diversi riferimenti, suggestioni, spunti di riflessione.

Nell’esegesi di questo film si sono scatenati tutti: la violenta ferocia immotivata degli uccelli è vista dagli animalisti come la natura che si ribella al genere umano; dai sociologi come metafora dell’aggressività umana e del potenziale di distruzione; dai politici come il terrore per l’invasione del nemico. C’è perfino chi tenta esegesi religiose (con critici che si associano all’analisi dell’ubriacone nel bar di Bodega Bay che cita Ezechiele e predica l’avvento dell’apocalisse) o chi azzarda spiegazioni filosofiche (sulla precarietà dei destini dell’uomo). Alcuni psicanalisti leggono il film come la rappresentazione dell’aggressività della madre possessiva che si scatena quando il figlio s’innamora di un’altra donna; altri invece insinuano che sono la manifestazione del subconscio dell’uomo che si oppone al potere seduttivo della donna armando la sua rabbia dell’aggressività degli uccelli.

 

 

Di certo abbiamo una madre impicciona e gelosa del figlio (gli ha già mandato all’aria un precedente fidanzamento), c’è un fascinoso uomo che non riesce a mantenere un rapporto (un po’ dominato della madre, un po’ ingessato in una condizione di anaffettività) e c’è infine una donna dal fascino irresistibile, determinata a decidere per sé senza farsi frenare da Mitch (disinvolto nei modi ma impacciato nella sostanza) e senza farsi intimidire dalla madre di Mitch, possessiva fino all’isteria.  È evidente – Hitchcock calca qui la mano – che si racconti di equilibri che si rompono: la solare capacità seduttiva di Melanie interrompe di fatto la routine familiare ed eccita l’acredine della madre di Mitch, che cova un rancore compresso e quindi sordo e profondo; e si può ipotizzare che l’improvvisa brutalità degli uccelli, apparentemente immotivata, sia la proiezione dei desideri di distruzione della acida signora. Ognuno difende a modo suo il proprio territorio.  

Ma il parallelismo fra l’aggressività degli uccelli e quello tenace e implacabile della “suocera”, oltre a non essere l’unica fra le letture possibili, non chiude comunque il cerchio. 

In quelle crudeltà, animale e umana, confusamente si specchiano altre crudeltà (minacce che si “annidano” ovunque e incombono “sopra” di noi) e si esprimono altre inquietudini sedimentate “dentro”, silenziose e apparentemente innocue ma inspiegabili, irragionevoli e potenzialmente letali: laghi di angoscia pronti a sommergerci, pulsioni oscure capaci di trasformarci, grumi di paure pronte a esplodere.

 

 

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati