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A Bigger Splash

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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La recensione su A Bigger Splash

di LorCio
8 stelle

Like rolling stones, i corpi madidi d’eccitazione tutt’altro che repressa si tuffano dove l’acqua è più blu perché il fondale manipola la realtà, entro una piscina a strapiombo sul mare che accoglie il desiderio di essere come nessun altro al mondo. Sono ricchi, belli, famosi: rockstar come l’afona Marianne, divisa tra il persistente passato di un lato A spericolato con il discografico Harry e il presente di un lato B in cui si sente la canzone del fotografo Paul (“vecchio dentro” secondo il vitalistico primo amore di lei), sospesa nella reiterazione di un eterno bigger splash tra i flutti dell’eccesso e della pacata stasi romantica col giovane amante. Nel triangolo, ecco Pen(elope), figlia lolitesca di Harry, che si pone nei geometrici erotismi del gruppo costruendo dentro il triangolo altri infiniti triangoli come dramma borghese impone. Perché il problema è che il conformismo s’e risucchiato l’anticonformismo, la borghesia ha assunto riti e miti dell’underground, la bohémien rock affitta case di lusso in isole paradisiache, l’agiatezza dunque la noia si fa privilegio quindi fonte di inesauribili possibilità di variazione. Ménage en plein air in cui i dissoluti vecchi forever young sfidano gli antichi giovani ambigui a singolar tenzone, bollente come il vento che viene dall’Africa e spinge la sabbia dentro gli occhi quando non sono coperti dagli occhiali a specchio in un prismatico gioco wellesiano di visioni filtrate, mistificate, raddoppiate.

 

Ralph Fiennes, Tilda Swinton

A Bigger Splash (2015): Ralph Fiennes, Tilda Swinton

 

E ci sarebbe tanto altro da dire sul raffinatissimo, cinefilissimo, meditatissimo post-remake de La piscina, un’ennesima variazione sull’invariabile, un audace enigma sull’amore, il sesso e la musica che gira attorno, l’olimpico cazzeggio del Bertolucci che balla da solo e si connette con la frequenza mèlo del noir, con quella piscina che grida sunsetboulevard, sostenuto peraltro dal magnifico montaggio non lineare che mischia le carte da baro professionista (Walter Fasano sulla scia di Kim Arcalli). La regia sfrontata di Luca Guadagnino manifesta l’esuberanza di uno sguardo che vuole avere a che fare con la politica dei corpi e li osserva nel loro continuo movimento, un dinamismo che viene in soccorso del deficit sonoro (l’affascinante androgina cantante senza voce ma anche colta in una marea di altri corpi adoranti nel concerto ciclicamente rievocato: la fedele, infallibile Tilda Swinton), della seduzione perversa (la ragazzina che usa le proprie forme adolescenziali per sedurre: l’attraente Dakota Johnson), della celebrazione della perfezione (l’anatomico interesse generale anche omoerotico per la possente e ferita fisicità del fotografo: l’irresistibile Matthias Schoenaerts), dell’esaltazione interiore (la mancanza di requie del discografico).

 

Tilda Swinton, Ralph Fiennes

A Bigger Splash (2015): Tilda Swinton, Ralph Fiennes

 

Proprio quest’ultimo, il fragoroso e travolgente Ralph Fiennes da premio specialmente quando canta e balla, si fa perno della narrazione perché portatore del germe del caos, così tenuto a distanza di sicurezza dalla rockstar in convalescenza e dal suo compagno infermiere: la dimensione musicale di A Bigger Splash, evocata sin dall’onomatopea futurista del titolo, trova una significanza nella ricerca formale di un ritmo empatico con la galoppante tragedia in fieri – e non a caso ecco fare capolino le arie liriche che suggeriscono una certa ideologia viscontiana già presente in Io sono l’amore. La critica ha individuato un limite nella parte finale, quando compare il faccione di Corrado Guzzanti come maresciallo da barzelletta: pur senza anticipare nulla, non ne ha colto, forse, la sottile doppiezza di un fan che si fa complice, stabilendo un implicito rapporto di forza che vede i divi soggiogati ai piaceri degli ammiratori. Il vero limite sta invece nel tentativo di mettere in scena il dramma degli umiliati e offesi, non tanto per una ragione etica bensì di sistema: è un mondo che non sa inserirsi davvero con la vicenda. Poco male: il film è una delle cose migliori apparse in Italia da qualche tempo a questa parte.

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