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Effetto Lucifero

Regia di Kyle Patrick Alvarez vedi scheda film

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La recensione su Effetto Lucifero

di barabbovich
4 stelle

Nell'agosto del 1971 il professor Philip Zimbardo (interpretato da un Billy Cudrup conciato da D'Artagnan), psicologo dell'università di Stanford, varò un costosissimo esperimento insieme alla sue equipe: osservare, attraverso l'obiettivo di una telecamera, cosa sarebbe accaduto se un gruppo di ragazzi, tutti studenti medioborghesi poco sopra i vent'anni, fosse stato messo nelle condizioni di trascorrere due settimane secondo le regole della vita carceraria. Reclutati i più equilibrati dopo un lungo casting, pagati 15 dollari al giorno, suddivisi completamente a caso tra secondini e detenuti e costretti all'interno dei sotterranei dell'istituto di psicologia che sia era svuotato d'estate, i ragazzi coinvolti offrirono uno spettacolo sconvolgente. Quelli nel ruolo di secondini, ai quali i detenuti dovevano rivolgersi ossequiosamente con "signor agente penitenziario", fin dal primo giorno cominciarono a comportarsi in maniera sadica. Un detenuto ne soffrì al punto da dover essere allontanato dall'esperimento quasi subito. Nei giorni seguenti gli eventi precipitarono, le umiliazioni si fecero sempre più sconcertanti, le punizioni più severe e si arrivò all'uso della forza fisica. Al sesto giorno, Zimbardo fu costretto a interrompere l'esperimento, anche grazie alla pressione della sua compagna, l'unica donna presente sulla scena, nonché l'unica capace di mostrare un briciolo di umanità. Uno degli esperimenti psicologici più controversi della storia della disciplina viene portato al cinema per la seconda volta dopo The experiment (2002), del tedesco Oliver Hirschbiegel. E ancora una volta Zimbardo ne esce con il ritratto peggiore di tutti: quello di un uomo capace di perseguire soltanto i propri obiettivi, incapace di empatia (nel film è la fidanzata a ricordarglielo), dittatoriale con i membri della sua equipe, ambiziosissimo. Il punto è proprio questo: che nonostante il film sia diretto con grande padronanza di mezzi, la vicenda viene raccontata in una maniera che rasenta la parodia. Che poi le persone, messe in condizioni opportune, possano trasformarsi in feroci aguzzini, ce lo aveva dimostrato con grande ricchezza di dettagli Erich Fromm in Anatomia della distruttività umana. A quell'analisi lucidissima il film aggiunge un solo, cruciale particolare: quello in cui un collega che intercetta Zimbardo nell'istituto trasformato in prigione, gli domanda: "Scusa, Philip, qual è la variabile indipendente del tuo studio". E quell'altro rimane senza parole. Ecco chi è Philip Zimbardo.

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