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Aferim!

Regia di Radu Jude vedi scheda film

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La recensione su Aferim!

di OGM
8 stelle

La lirica di un'utopia sognata due secoli fa. La cronaca di una marcia solitaria, attraverso un silenzio riempito dai desideri del cuore, a tratti spezzato dagli echi dell'orrore. Un racconto crudo come un western, profondo come una preghiera.

Bravo! Così si fa. O meglio, così gira il mondo, mio caro. E poi l’importante è cavarsela, in un modo o nell’altro. Aferim! è l’esclamazione scaturita da un consenso che, da solo, basta a dare sollievo. Può accadere anche nel bel mezzo dei periodi più neri, fra le pestilenze, la miseria, la barbarie imperante che il potere pretende di spacciare per giustizia. Nella Romania del 1835 un poliziotto e suo figlio attraversano il Paese in sella ai loro cavalli, alla ricerca di uno zingaro schiavo che ha tradito il suo padrone. La loro avventura è un placido road movie d’altri tempi, scandito dalla riflessione esistenziale, addolcito dalla rassegnazione, nobilitato dal senso del dovere. Costandin e Ionita, il vecchio e il giovane, si mettono in viaggio per sfuggire a un presente inquieto e disumano, come se lo spostamento spaziale, il rifiuto di fermarsi in un posto preciso, permettesse di sospendere anche l’inesorabilità dell’oggi, la condanna a vivere in un’epoca che non conosce Dio, che si è data leggi sbagliate, che infligge a se stessa la più completa rovina morale e materiale. Il transito è insieme un impegno e una promessa, espressione della profonda devozione ad un futuro di cui non si sa nulla, ma che si immagina infinitamente migliore. La Valacchia è una regione dalle ampie vallate, in cui lo sguardo si perde e l’uomo è un minuscolo dettaglio del panorama. Il paesaggio manca di punti di riferimento, eccezion fatta per qualche croce, che appone alla desolazione il marchio di un tragico legame con la trascendenza. Si direbbe che il cielo si apra, sopra la Terra, solo per metterne a nudo le vergogne, e per esporla alle sue maledizioni. Non c’è pace, lungo il tragitto. Ogni incontro è un piccolo, straziante assaggio di quel dolore che nasce dal male, il quale, a sua volta, si nutre dell’impotenza di fronte all’eterna negazione della felicità. L’amarezza è nell’aria, la respirano tutti, poveri e ricchi: nelle inquadrature corali, affollate e convulse come scene dell’inferno dantesco, le vesti dei signori si mescolano con gli stracci dei servi, nella prospettiva appiattita di un carnaio senza distinzione di censo, di razza, di cultura. La realtà è ritratta in scala di grigi, affinché la luce sia tutt’uno con l’ombra, la saggezza contigua alla superstizione, l’aforisma parente dell’aneddoto. Questo film, la cui sceneggiatura recepisce le parole contenute in documenti storici, sa donare all’asprezza dei secoli bui la velatura letteraria della poesia agreste e popolaresca. Di questa, però,  coglie solo quell’accento selvatico che è il retrogusto di una bestialità certo onnipresente, ma, fino all’ultimo, tenuta a bada dalla metafora, eternamente sottointesa, nonché mascherata dalla naturalezza. Il colera, la corruzione, i pidocchi, i peccati capitali sono lo sfondo inevitabile di un percorso che approfitta della lentezza per accrescere il proprio significato, per farsi meditazione e ricerca, offrendo al protagonista più anziano l’occasione   di fare il punto sulle speranze coltivate nel cuore, che devono essere poste a confronto con gli eventi. Non è chiaro cosa sia più forte, se la volontà di salvezza del singolo o l’inerzia dei molti che, alla redenzione, nemmeno ci pensano. La domanda resta in paziente attesa della risposta. E intanto prega ad alta voce, proseguendo il cammino.

 

Questo film, vincitore dell’Orso d’argento per la miglior regia al Festival di Berlino, ha rappresentato la Romania agli Academy Awards 2016.  

 

Teo Corban, Toma Cuzin, Mihai Comanoiu

Aferim! (2015): Teo Corban, Toma Cuzin, Mihai Comanoiu

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