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PPZ - Pride + Prejudice + Zombies

Regia di Burr Steers vedi scheda film

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La recensione su PPZ - Pride + Prejudice + Zombies

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

PPZ - Pride + Prejudice + Zombies (2016): locandina




PPZ - Pride + Prejudice + Zombies = Yawn.

Aggiungendo al classico janeausteniano i morti viventi - mai tanto in auge come da qualche anno a questa parte - si ottiene esattamente un surrogato di un qualsiasi adattamento cinematografico/televisivo di Pride and Prejudice.
La variante impazzita, decisamente intrigante, rimane solo nel titolo (e nella "blasfema" rilettura di Seth Grahame-Smith: più che un divertissement).
L'impensabile ibridazione, come tradotta sul grande schermo, finisce per svilire sia la forza della nobile fonte primaria sia la sua bastarda componente di genere: a conti fatti, siamo di fronte all'ennesima teen comedy horror che infesta le sale da almeno un decennio.
Una moda; e una moda/mania gli zombies, ben lungi dall'essere divorata e sostituita.
Scattanti e anonime, le orde di creature affamate di materia cerebrale; e più che altro un incidentale pensata per insozzare il dramma in costume e le vesti delle giovini avvenenti donzelle Bennet.
Ma è un'imbrattatura di facciata, un pretesto per dare il via alle danze, un impulso teen pop a brame amorose e trame vaporose. Il bello resta bello, il glamour resta glamour, le pose buone per fare character posters quello sono, e l'idea resta, appunto, un'idea. Simpatica, e in grado di produrre qualche vago momento godibile, ma nulla di più. Una visione dannatamente pulita e prudente (e noiosa) come un ballo delle debuttanti - oltre che standardizzata -, e che poco offre, tanto in termini di estetica quanto in contenuti.
Trascurabile persino l'aspetto meramente spettacolare: emblematica la prima scena di lotta con le Bennet in tiro che sgozzano zombie a suon di coreografie mosce e rallenty d'ordinanza.
D'altronde accumulo di canoni e (ultra)derivatività sono la cifra stilistica di PPZ (un purulento morso letale a chi è venuto in mente di utilizzare tale sigla): opera che dello splatter (esangue) non sa che farsene, della soggettiva dei morti viventi idem, e che vede lo humour come riduzione a maniera (battutine buttate qua e là) e a macchiette (vedasi il malcapitato Matt Smith, giù undicesimo Dottore).
Incredibile poi lo spreco di Lena Headey (una costante, ormai: e cambia agente!), mentre Lily James e Bella Heathcote brillano (solo) per bellezza e Charles Dance rimane sullo sfondo.
Poteva essere un gioiello di (in)sano godurioso horror invece è una robetta dimenticabile.
Meglio ripassarsi Shaun of the Dead.

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