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Piccoli brividi

Regia di Rob Letterman vedi scheda film

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La recensione su Piccoli brividi

di mc 5
9 stelle

Sulla carta avrebbe dovuto trattarsi di un ordinario "filmetto" per adolescenti. Certo, il film in questione rientra in questa categoria ma offre molto molto di più. Intanto abbiamo a che fare con un gioiello di spettacolo pop e un raro esempio di intrattenimento che è in grado di soddisfare spettatori di ogni età. Pellicola inoltre dotata di una chiave intelligentemente vintage che può catturare l'attenzione anche del cinefilo esigente. Insomma questo film mi ha definitivamente conquistato. Il tutto prende le mosse da un brillante successo editoriale, quello -conclamato- della serie omonima ("Piccoli Brividi") che vanta milioni di affezionati giovani lettori in tutto il mondo. Autore di questa collana è il geniale R.L. Stine. Grimaldello dell'operazione cinematografica è la geniale idea dello sceneggiatore Darren Lemke di rendere protagonista lo stesso Stine dell'avventura qui narrata, il quale in prima persona vi appare come il mattatore alle prese coi personaggi mostruosi da lui stesso creati e che ora lo inseguono con cattive intenzioni, guidati dal pupazzo malefico chiamato Slappy. Una storiella per ragazzini? Certo, sì, ma se vedrete il film capirete presto che il fascino che lo spettacolo emana va ben oltre la bambinata. Diciamo che il regista (un cineasta di lungo corso come Rob Letterman) ha saputo davvero ricorrere ad estro e genio, disseminando ovunque tracce di un'intelligenza che unisce sapori differenti e crea un corto circuito afficacissimo tra gusto pop e gusto vintage generando uno spettacolo di grande presa emotiva. Situazioni esilaranti, certo indirizzate ad un pubblico adolescente ma di indubbia efficacia per chiunque (io non so se faccio testo, ma pur essendo adulto quasi anziano, mi sono divertito da matti). La vicenda narrata non è (volutamente) nè originale nè complessa, ma rientra nei binari di un gusto horror adattato ai giovani e giovanissimi, tuttavia impregnato di uno spirito citazionista che non sfuggirà al cinefilo militante. Si parla di un ragazzino che si trasferisce dalla realtà urbana di New York alla provincia del Delaware, cambiando scuola, amicizie e quant'altro. E qui scopre di avere due vicini di casa che rappresentano una famiglia del tutto particolare. Una (carinissima) sua coetanea e il di lei padre, personalità sommamente burbera e scontrosa. Costui è proprio il suddetto autore della serie editoriale citata che vive in appartata solitudine in quanto ossessionato dai tanti mostri letterari protagonisti dei suoi best sellers, i quali (vivendo in un loro mondo fantastico) gli si sono rivoltati contro, bellicosi e agguerriti nonchè decisi a fargli del male sul serio. Essi vivono come rinchiusi in un incantesimo dentro i libri che parlano di loro e non aspettavano altro che -per un incidente casuale- di uscire da quelle pagine per materializzarsi nel mondo degli umani. E quando dico "mostri" intendo TUTTI ma proprio TUTTI i fantasmi delle creature più demoniache che cinema e fumetti ci hanno presentato negli anni 70 e 80 (dal Lupo Mannaro allo Yeti, dagli Insetti Giganti alla Mummia, dai Nani da Giardino Malefici a tutto il resto che popola il nostro immaginario mostruoso). E se posso vorrei citare i due riferimenti utlizzati più felicemente. Intanto una citazione splendida di BLOB ("Il fluido malefico") ma soprattutto un inquietante, antipatico e dispettoso Slappy, il pupazzo che odia esser definito tale e che con le sue sembianze inespressive da -appunto- pupazzo scatena gli attacchi più brutali e più violenti contro lo stesso Stine e contro i tre ragazzini che lo accompagnano (nel frattempo al giovane trasferito cui accennavo e alla graziosa figlia di Stine si è aggiunto un altro giovanotto impacciato e burlone). La guerra si fa sempre più aspra (tra i mostri e il loro creatore) fino ad un (prevedibile) duello finale senza esclusione di colpi. Quel che è meno prevedibile è un divertente colpo di scena assestato all'ultimo secondo. Diciamo che per quanto mi riguarda la carta vincente è il continuo richiamo ad un cinema e ad uno stile decisamente legati ai decenni 70 e 80, il che evoca una suggestione vintage irresistibile. Da non perdere le meravigliose immagini (e grafica) sui titoli di coda. Un valore aggiunto di grande efficacia è poi offerto da una amabilissima ed azzeccata colonna sonora, curata (non so se mi spiego) da quel Genio che si chiama Danny Elfman: come sempre, il suo contributo è fondamentale. I ragazzini protagonisti (Dylan Minnette, Ryan Lee e una splendida Odeya Rush) sono bravissimi. Ma il trionfo è tutto per un Jack Black gigantesco (vabbè lui è bassino eh eh) che qui è irresistibile. Io poi sono da sempre un suo fan (anche per i suoi noti legami col mondo del rock'n'roll) e questa è una delle sue prove fin qui migliori. Andatelo a vedere e scommettiamo che vi verranno in mente Gremlins e Jumanji? Vi capiterà poi di sorridere divertiti sentendo cosa dice ad un certo punto Stine a proposito di Stephen King (sorpresa).

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