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Pain Is...

Regia di Stephen Dwoskin vedi scheda film

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La recensione su Pain Is...

di OGM
8 stelle

Il dolore non si vede. Se ne può discutere, a parole, ma nessuno ne darà mai una descrizione definitiva, universale, esauriente. Eppure Stephen Dwoskin continua a porre le domande. Insiste, e sa di andare sul sicuro, fintanto che queste rimarranno senza risposta. Indagare significa aprire un cammino, che vada sempre più a fondo, senza mai incontrare la fine. Procedere a suon di picconate nella roccia, scavando nuove nicchie e ramificazioni, ma senza scolpire nessuna forma riconoscibile. I puntini di sospensione del titolo indicano l’assenza di un punto di arrivo. Il percorso si arricchisce, mano a mano, di nuove direzioni, però il traguardo resta ugualmente lontano, difficile da localizzare. Le persone soffrono, ma nessuna di loro sa dare un nome preciso al proprio tormento. Né si sente in grado di paragonarlo a quello che intuisce negli altri. Il mistero inizia dentro ciascuno di noi, quando proviamo qualcosa di cui ignoriamo tutto: la natura, l’origine, il motivo, il senso. E prosegue nel momento in cui cerchiamo di renderne partecipi coloro che si stanno intorno: prima dobbiamo subire senza capire, poi condividere senza spiegare. Le testimonianze raccolte in questo documentario tentano di mascherare il paradosso con il racconto, che cattura i gesti, gli eventi, le frasi con cui quell’enigma insondabile rivela la sua presenza nel mondo. Sono emanazioni di un abisso che si sottrae pervicacemente ad ogni tentativo di dargli una forma. Di esso possiamo soltanto percepire gli spettri, che hanno le sembianze più varie, e sono a volte crudeli, come nella malattia fisica, altre volte beffardi, come nella follia, oppure inquieti e voraci, come in certe pratiche sessuali. Sono tra noi, e sono parte di noi, perché condizionano i nostri movimenti, indirizzano i nostri desideri, decidono tra il bene e il male, senza concederci alcuna possibilità di scelta. Non possiamo essere felici, o piegare un ginocchio, o amare in libertà, se loro non vogliono. Sono entità, molteplici ed indistinte, che ci impongono fatali divieti, perentori obblighi. Questo film le fa sfilare, in ordine casuale, dentro piccoli siparietti in cui la pena è la protagonista che recita da dietro le quinte, ripetendo a fatica un copione incompiuto, scritto male, che non si sa dove vada a parare. L’attore si sforza invano di interagire con un pubblico da cui è separato, attraverso un testo che vorrebbe essere metaforico o allusivo, invece è pieno di incongruenze e di lacune. Il dolore fa a pezzi la realtà, innanzitutto. Ne riduce a brandelli la logica, divertendosi poi a  specchiarsi, nei suoi frammenti, in mille forme diverse. Pain Is … si arrischia ad attraversare un tratto di questo perverso caleidoscopio: lo fa con la dovuta prudenza, ma senza aver paura di incontrare, per strada, quel mostro che abita i corpi e le anime, e proprio non se ne vuole andare.  

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