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Totò, Peppino e i fuorilegge

Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film

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La recensione su Totò, Peppino e i fuorilegge

di Decks
6 stelle

Non passa neppure un anno dal meritato successo di "Totò, Peppino e la Malafemmina" che Camillo Mastrocinque, sfruttando la scia del suo grande successo, decide di riaffiancare la collaudata coppia per un nuovo film, appena poche settimane dopo l'uscita di "Totò, lascia o raddoppia".

 

La scelta di Mastrocinque sembra dunque fatta più per meri interessi economici, che per dare alla settima arte un'ennesima prova del potenziale di questo fantastico duo; non si può negare, inoltre, che al di là del condividere un cast pressochè identico, imiti svariati punti in comune, dando, non solo una sensazione di già visto al complesso dell'opera, ma perdendo tutta la freschezza delle situazioni e degli equivoci che coinvolgono Totò e Peppino.

Passino scene in cui espedienti cinematografici e circostanze siano i medesimi: ispirate da "I Figli del Deserto" ; impossibile, però, sorvolare quelle sequenze in cui sembra di riassistere al precedente film tranne poche piccole variazioni: un esempio è l'arrivo in una grande città e la pazza gioia che ne consegue; un altro è la scrittura della lettera minatoria e così via.

In questo perde punti anche la regia: limitandosi a seguire gli stessi movimenti e stacchi del pre-esistente buon risultato, tenendosi distante dalla scena per lasciare più spazio possibile ai mostri sacri Totò e Peppino; diventa irremediabilmente assente e senz'anima.

Anche le musiche di Alessandro Cicognini hanno lo stesso problema di non voler rinnovare, ma semplicemente ricalcare il successo astronomico del film di Mastrocinque: identici motivetti e sonorità troppo simili a quelli ben conosciuti della commedia all'italiana caratterizzano e accompagnano questa pellicola.

 

Le basi sono poco solide, con questo incipit non ci si aspetterebbe niente di buono da una simile pellicola, ma all'interno di una simile ostrica si trovano delle enormi perle: ovviamente sono quei componenti del cast attoriale che non solo risollevano il lungometraggio, ma lo rendono divertentissimo.

Il vero motore di questa commedia non è una trama composta, o l'innovazione al genere, ma quell'immediatezza del linguaggio e della gestualità dei due bravissimi comici napoletani, capaci di dare uno spessore unico alle loro figure di barbiere succube da un logorroico mantenuto: egli stesso schiavo dell'avidità della moglie. Non solo loro ma anche Memmo Carotenuto nei panni del brigante Torchio, che con il suo linguaggio da vero burino, dà la giusta idea di criminale ignorante e maleducato. Colei che più conquista però è Titina De Filippo: la sua interpretazione di moglie affetta da tirchiaggine non solo è perfetta, ma rende tutte le sue scene esilaranti e fenomenali (una su tutti è la cena alla "romana"). Un peccato per Franco Interlenghi e Dorian Gray: nonostante recitino molto bene, si ritrovano letteralmente travolti dalla comicità e dalla verve degli altri attori, rendendo la loro sottotrama, non solo secondaria, ma terziaria.

Da menzionare la sceneggiatura scritta a sei mani di Edoardo Anton, Mario Amendola e Ruggero Maccari: da un soggetto per niente ispirato riescono a tirar fuori battute semplici ma dirompenti; impossibili elencare i tantissimi momenti divertenti, a cui si somma una costruzione dei dialoghi ottima, che attraverso ricchi giochi linguistici permette allo spettatore di ridere a crepapelle.

 

Il film di Mastrocinque non è certo esempio di innovazione e ispirazione, ma riesce comunque a conquistare nella sua semplicità. Perfetto per chi vuole abbandonare il lato critico e ridere di buon gusto per 98 minuti o per chi vuole avvicinarsi per la prima volta ai due principi della risata.

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