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Il ponte delle spie

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Il ponte delle spie

di barabbovich
7 stelle

Nel 1957 Rudolf Abel (Rylance), una spia sovietica, viene catturato dall'FBI e affidato a Jim Donovan (Hanks), un avvocato del ramo assicurativo, in vista di un processo-farsa. Ma Donovan si dimostra uomo tutto d'un pezzo e lungimirante, resiste agli sguardi accigliati di chi lo vede come un traditore della patria, più preoccupato dello zelo professionale che di mandare sulla sedia elettrica una spia, e si trova a dover far fronte persino allo scetticismo della moglie (Ryan). Ma quando in un primo tempo una spia americana (Stowell) viene catturata in territorio sovietico e poi uno studente universitario (Rogers) viene rinchiuso nelle celle di Berlino Est perché lo si crede interessato a rivelare segreti della DDR, le intuizioni di Donovan tornano utilissime in vista di uno scambio. La CIA è interessata soltanto al militare, ma l'indomito Donovan è determinato a trattare tanto con i russi quanto con i tedeschi dell'Est, per ottenere il rilascio di entrambi gli ostaggi. Dai titoli di coda di questo film, inspirato a una storia vera, apprendiamo che nel 1962 Donovan fu tra i negoziatori principali dopo l'enorme incidente diplomatico della Baia dei Porci.

La premiata ditta Spielberg-Hanks fa centro ancora una volta dopo i riusciti Salvate il soldato Ryan, Prova a prendermi e The terminal. Il regista statunitense torna a leggere la storia americana del XX secolo aggiungendo un nuovo capitolo che idealmente da War horse (gli anni '10), Il colore viola (gli anni '30), Salvate il soldato Ryan, Schindler's list (gli anni '40) arriva a Münich (gli anni '70). Ancora una volta si affida a un eroe defilato, saldamente ancorato ai principi della costituzione (in questa prospettiva, Lincoln rimane la massima espressione della weltanschauung spielberghiana), portatore di ideali incrollabili che tuttavia non sono mai immuni, nella prospettiva del regista, da una patina di retorica. Al notevole risultato hanno contribuito la splendida fotografia serotina di Janusz Kaminski, la sceneggiatura scritta dai fratelli Coen con Matt Charman - che alterna efficacemente i poli narrativi sui due fronti logistici - e la solita, superba interpretazione per sottrazione di Tom Hanks, nel cui sguardo c'è tutto l'abissale sconcerto dell'uomo che vede la stessa generazione di ragazzi saltare un muro: che se a Brooklyn è solo un gioco, a Berlino è l'appuntamento con la morte.   

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