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Batang West Side

Regia di Lav Diaz vedi scheda film

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La recensione su Batang West Side

di EightAndHalf
8 stelle

La differenza fra un documentarista e un detective è che il documentarista cerca la verità, il detective le bugie. Asserto conclusivo (ma non certo concludente) del grandissimo Batang West Side, ora come ora un faro accecante che rinfresca la memoria su quello che era il cinema di Lav Diaz, prima delle fluviali opere in bianco e nero che da Evolution of a Filipino Family in poi hanno riempito le sale dei festival facendo impazzire i cinefili più incalliti. La filmografia del regista filippino è graduale, evolve in maniera coerente e sconcertante dalla prima all'ultima opera, mostrando in maniera evidente le profonde metamorfosi che il suo linguaggio filmico ha subito. Batang West Side, nonostante qualche ingenuità e delle interpretazioni non proprio convincenti, è uno dei film più riusciti del regista filippino, un thriller socio-filosofico che indaga le terribili condizioni umane e morali della minoranza filippina nella Città per eccellenza, New York (la cui celebrata Times Square appare su uno sfondo soltanto in un brevissimo momento).

 

 

Se il legame fra emigrazione e identità è un tema visto e stravisto, al cinema ma soprattutto in letteratura (Ungaretti, e ancora prima Foscolo, e ancora prima Dante, limitandoci solo alla letteratura italiana), il punto di vista di Diaz ha qualcosa di insolito e incredibile, diverso da qualsiasi altra posizione intellettuale che possa nell'immediato venirci in mente. Il suo è un linguaggio prettamente cinematografico, proteso all'osservazione analitica (ma pregna di un'agghiacciante fissità) dei movimenti degli esseri umani in condizioni sociali particolarmente infelici, come quella degli uomini protagonisti di Batang West Side (traducibile in "Il ragazzo del West Side", ma tradotto con un altro titolo internazionale, West Side Avenue, dove avviene l'omicidio del giovane Hanzel). Proprio a forzare le cose, si potrebbe forse trovare un legante diretto con le contemplazioni di Edward Yang (Yi yi - ...e uno...e due), ma anche con certe conclusioni formali del Nuri Burge Ceylan di Uzak: le figure sono sempre inquadrate nella loro totalità, con la quasi totale assenza di primi piani e con lenti movimenti di camera che vanno a immagazzinare in maniera flessibile luoghi, cose e persone. Mai potremmo però parlare di accorgimenti "teatrali", né di semplificazioni estetiche: Batang West Side è un'opera che più o meno volontariamente ci porta a dare una nuova definizione di "sguardo cinematografico", ovverossia qualcosa che fa "da tramite fra la realtà e l'immaginario", non esasperando né nell'uno nè nell'altro senso la materia osservata, ma rimanendo sul filo di un'ambiguità affascinante e quasi conturbante, che rende quest'importante opera di Lav Diaz un qualcosa di attraente e struggente al tempo stesso.

 

 

Il protagonista, Juan, detective dal passato oscuro e tormentato, comincia ad indagare sull'omicidio di Hanzel, scoprendo che egli aveva intorno a sé una riserva quasi infinita di piccoli nemici, o di qualcuno che in un modo o nell'altro sarebbe stato felice della sua morte. Juan porta avanti le indagini interrogando la madre di Hanzel, il nonno, la fidanzata, gli amici, chiunque sia in qualche modo legato a lui, e così facendo scopre una girandola di personaggi (realmente ben inquadrati da Diaz) tutti carichi di insofferenza, di odio represso, di indicibile rammarico. La madre Lolita ha deciso di sposarsi con un vecchio ricco americano per poter dare denaro e futuro ai propri figli; ma il vecchio è un paralitico bisognoso di cure, e a Lolita non viene troppo difficile intrattenere un rapporto extraconiugale con Bartolo, il manesco giardiniere. Il nonno vive da solo, accoglie il nipote Hanzel nei momenti di frizione con la madre, e condivide con lui i suoi ricordi sulle Filippine e sui vecchi conflitti armati (probabilmente legati al regime di Marcos) che aveva dovuto affrontare. La fidanzata di Hanzel, Dolores, è stata invece completamente assorbita dallo stile di vita newyorkese, tanto che ha del tutto dimenticato come parlare in filippino, e ha sostituito la lingua "della sua anima" (come la chiama il nonno di Hanzel) con l'inglese, che come ricorda ancora il nonno fu la lingua che i colonizzatori imposero come idioma "superiore per eccellenza". Gli amici di Hanzel poi, manco a dirlo, non sono veri amici, ma "compagni di ideologia", più per irruenza che per reale convinzione: hanno la pericolosa intenzione di diffondere una nuova droga, lo "shabu", che possa divenire il tratto distintivo della comunità filippina a New York, un'esclusiva interpretata come assurda rivendicazione nazionalistica. Come se non bastasse, il detective Juan frequenta una psicologa per cercare di venire a capo dei suoi strani sogni, che lo vedono assassino dei suoi parenti e dei suoi ideali oppure occhio vagabondo tra le facce di un passato drammaticamente vivo (le apparizioni della madre non si dimenticano). In un crescendo di angosciosa disperazione, la risoluzione delle problematiche tirate in ballo da Diaz non può essere certo la scoperta dell'omicida (peraltro rivelato alla fine senza alcun tipo di conclamato spettacolarismo): il dramma che attanaglia tutti i suoi personaggi è una tragica summa delle sofferenze umane, indagate in lungo e in largo nelle ipnotiche cinque ore di questa grandissima pellicola.

 

 

Ad una lettura più lungimirante, Batang West Side costituisce insieme a Evolution of a Filipino Family (altro inesauribile patrimonio di trovate stilistiche e tematiche) un dittico che anticipa tutti i successivi stilemi utilizzati da Lav Diaz: l'alternanza fra la fissità dello sguardo reale e la dinamicità della memoria onirica (in BWS addirittura con uno scarto cromatico, fra il colore e il bianco e nero), fino alla mistione fra i due motivi; l'eco visuale che rimbomba nelle profondità delle inquadrature, sempre studiatissime al millimetro ma qui, per questioni di ingenuità, meno potenti che nelle opere successive; il ritornare continuo della diglossia filippino/inglese, qui spiegata esplicitamente dal nonno di Hanzel come esempio lampante del decadere della cultura filippina autoctona; l'assenza di risposte soddisfacenti; e infine l'instabilità del Non-Senso nei vuoti dello spazio e del tempo. Proseguendo con la visione, Batang West Side si rivela un film spaventosamente frustrante, in cui nessuno è innocente e nessuno è colpevole, in cui non è contemplato nessun accomodante tipo di capro espiatorio. Un thriller non di tensione ma di riflessione, lento quanto basta per far percepire allo spettatore la magica ed enigmatica atmosfera che lo avvolge, lasciando il desiderio per nulla masochistico di una seconda visione. In fin dei conti, è un film terribile e senza speranza, che fa rabbrividire.

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