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Il caso Spotlight

Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film

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La recensione su Il caso Spotlight

di barabbovich
7 stelle

C'è una scena ne Il caso Spotlight, saranno nemmeno 60'' di girato, nella quale la sezione di redazione del Boston Globe che va sotto il nome di Spotlight chiarisce il tema della copertura dalla parte della Chiesa del problema della pedofilia: è la risposta alla crisi di vocazioni. La Chiesa da decenni assolda soggetti sessualmente deviati pur di rimpinguare le file. E, se qualcosa non va, li trasferisce in un'altra parrocchia. Uno di questi preti, quello dal quale parte tutta l'indagine del quotidiano statunitense, oggi è stato collocato a S.Maria Maggiore, a Roma. È un sistema, quello della Chiesa: se arriva qualche denuncia, avvocati profumatamente pagati prendono accordi sottobanco con le famiglie dei ragazzini molestati sessualmente, o stuprati, quasi sempre appartenenti a classi sociali povere e con situazioni famigliari difficili. E tutto viene messo a tacere, grazie anche all'omertà di cittadini.
Già raccontato tre anni prima con encomiabile piglio documentaristico da Alex Gibney in Mea Maxima Culpa, il tema della pedofilia nella chiesa viene riportato in scena dal film di Thomas McCarthy - regista che già aveva mostrato sensibilità ai temi sociali nel suo precedente L'ospite inatteso - che ripercorre la vicenda che nel 2001 portò il problema dei preti pedofili sotto i riflettori dell'intera opinione pubblica internazionale, innescando uno scandalo senza precedenti, e che valse alla redazione del Boston Globe il premio Pulitzer per la migliore inchiesta giornalistica. Il film, al quale può essere rimproverata l'assenza di grinta sul piano del racconto, procede con una struttura piuttosto convenzionale, preoccupandosi soprattutto di mostrare l'alacre lavoro di quei reporter coraggiosi e volitivi, espressione del lato più nobile del giornalismo investigativo (siamo dalle parti di Tutti gli uomini del presidente). Ma è proprio la potenza dei contenuti a far sì che il film venga divorato da ciò che racconta, pur affidandosi a un cast ben affiatato nel quale Mark Ruffalo cerca di primeggiare a suon di smorfie.

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