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Obra

Regia di Gregorio Graziosi vedi scheda film

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La recensione su Obra

di pazuzu
8 stelle

Esponente di terza generazione di un'affermata famiglia di architetti di San Paolo, Joao Carlos sta vivendo un momento cruciale della propria vita: la moglie sta per dare al mondo il suo primo figlio, mentre dal punto di vista lavorativo è alle prese con un progetto molto importante, la ricostruzione dalle fondamenta di un lotto di proprietà. Proprio sul suolo in questione, però, viene rinvenuta una distesa di resti umani risalenti ai tempi della prima edificazione. Cosa ci fanno quelle ossa lì? A chi appartenevano? Domande come queste iniziano a ronzargli in testa in maniera sempre più insistente, fino a diventare un'ossessione. Mentre il padre si preoccupa solamente che la sovrintendenza ratifichi il progetto, e mentre uno degli operai gli chiede conto più volte a brutto muso di cosa sia realmente accaduto in passato, l'unica persona a conoscenza della risposta è il nonno, che però non la può dare, versando ormai da anni in stato vegetativo.

Prima prova sulla lunga distanza del brasiliano Gregorio Graziosi, presentata nella sezione Cinema d'Oggi al Festival del cinema di Roma edizione 2014, Obra è un thriller dei sensi e dell'anima, un film affascinante, ostico, astratto, dominato dalle atmosfere terse e tetre dettate dalla splendida fotografia in bianco e nero di André Brandão e da un notevole lavoro sul sonoro, con i rumori acidi ed ossessivi di una città divenuta ostile ad assediare il protagonista e ad accompagnare la sua discesa negli inferi dei sensi di colpa e dei rimorsi di coscienza, che esplodono in una sofferenza psicologica che acuisce quella fisica, caratterizzata da un'ernia ereditata anch'essa - con i palazzi e con gli scheletri - dai propri avi. San Paolo, la sua natura e la sua architettura, sono al centro della scena in ogni istante, minacciose e dense come aria livida e avvelenata, nascoste negli angoli bui di inquadrature quasi cieche, a spiare un dolore che si fa lancinante, universale, insopportabile.

Non ci sarà catarsi, non ci sarà redenzione, solo la presa d'atto di uno stato di afflizione e d'angoscia costante con cui convivere. E da tramandare.

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