Regia di John Huston vedi scheda film
E' forse il mio film preferito. Un esempio perfetto di progressione drammatica. Dapprima la descrizione in costume d'epoca di una festa dell'Epifania nella Dublino di fine 800. La festa, gli invitati, le danze, gli apparati borghesi, le storie minime, la conversazione alla tavola delle vecchie zie. La conversazione sulla musica, la politica; la lettura del discorso celebrativo. Tutto così d'altri tempi, eppure così partecipato. Poi, quando tutto sembra esaurirsi nel dopo festa, quando tutti se ne vanno e i due nipoti (Anjelica Hustone e Donald McCann) se ne tornano a dormire nella stanza d'albergo, dopo un viaggio in carrozza sulla strada ammorbidita dalla neve che sta cadendo una domanda quasi innocente del marito alla moglie scatena sentimenti incontenibili, una confessione che è un torrente e che rivelerà per sempre la nostra condizione di uomini, impotenti di fronte alla natura e al destino.
Una trasposizione esemplare dalla letteratura al film. Difficile trovare qualche mancanza, trascuratezza, sottovalutazione nel riportare la lettera e il significato del racconto di Joyce con lo stesso titolo (I morti, in italiano, dalla raccolta Gente di Dublino). Si direbbe una esecuzione sotto dettatura. Eppure non c'è mai il senso dell'approccio letterario o intellettuale. Anche i momenti più difficili, come l'episodio in cui uno degli invitati legge un suo scritto poetico sull'amore, sono risolti da grande cineasta, con suggerimenti che sono veri e propri completamenti del racconto, nel pieno rispetto del suo senso, in sintonia con il suo autore, in un riconoscimento della radice comune.
Disegna il suo personaggio con una scansione che testimonia la sua grande professionalità e partecipazione. Dapprima la serenità, la forza, il sorriso governano con grande compostezza la scena, sovrintendendo, insieme alla figura del marito, tutta la festa e governando i personaggi-invitati da vera padrona di casa. Ma ecco che la sua immagine gradualmente, impercettibilmente, ma irresistibilmente, si spezza ed esplode in un finale in due tempi. Dapprima immobile, sulla scala, mentre sembra folgorata dall'ascolto di una canzone popolare che il tenore, invitato alla festa, proprio alla fine, si è deciso a voler concedere al suo pubblico. Poi, nella camera da letto, uno dei monologhi più intensi e strazianti che abbia ascoltato. Chi altra?
L'immagine indelebile, anche se non l'ho vista di persona, del grande regista, trasportato in carrozzella sul set del film e aiutato con amore letteralmente filiale dai figli Tony e Anjelica, a realizzare la sua opera a mio parere più compiuta e poetica. E per arrivarci, da vero saggio, il percorso attraverso decine di altri film, diversi, più o meno riusciti, ma quasi sempre, come questo in fondo, percorsi dalla grandezza del vivere degli uomini.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta