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American Sniper

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su American Sniper

di giancarlo visitilli
8 stelle

Il delirio, la bruttura e l’idiozia della guerra. Senza mezzi termini, come ormai da un buon decennio ci ha abituati, un uomo, un grande intellettuale e artista come Clint Eastwood, nella sua sobrietà, è più potente di una bomba, quando si tratta di dichiarare l’orrore della guerra.

Ancora una volta, il pretesto è quello di una storia vera, che il regista ha letto attraverso l’autobiografia di Chris Kyle, il personaggio intorno alla cui eroicità ruota tutto il film, che ha l’omonimia con lo stesso libro, best-seller del 2012, la cui traduzione del titolo significa “Cecchino americano”.

La Marina militare americana attribuisce ben 255 uccisioni in combattimento a Chris Kyle, più di qualsiasi altro soldato che vi abbia mai prestato servizio. Il suo campo di battaglia è stato l’Iraq, dal 2003 al 2009. Era entrato nel corpo d’élite dei Navy Seals nel 1999, a 35 anni, tardi per la media, ma la sua determinazione, nonché la sua mira infallibile, in poco tempo, gli permisero di acquistare un’eccezionale popolarità prima all’interno dell’esercito poi tra tutti i suoi connazionali anche grazie alla sua autobiografia.

Fra le regole di ingaggio e gli scontri avvenuti durante la guerra, ma soprattutto le ripercussioni psicologiche subite dai reduci, da Kyle e compagni, Eastwood realizza un film che, pur raccontando della vita di un uomo al fronte, in modo particolare, si tratta di un racconto sviscerato per mezzo di quello che gli altri dicono o hanno detto di Chris. Ne viene fuori l’aspetto umano del militare, costretto fra mille difficoltà, legate al suo stesso lavoro ma ancor di più alla famiglia, a sacrificare ogni cosa per la sua patria.

Eastwood, anche stavolta dimostra di possedere l’arma giusta per raccontare la guerra. La sua macchina da presa sa cosa inquadrare per colpire al cuore, soprattutto, chi guarda. Fra il caos e la concitazione, quello che splende sempre è un certo ripudio della guerra, pur standoci dentro, fino alle midolla. Si ha come la sensazione, da spettatori, di esserci, all’interno di quel conflitto, con tutta la sua bruttura e l’odore di morte. Le scene all’interno della nube di sabbia, difficilmente si possono scordare, perché sono fra le più belle che si ricordino, rispetto agli ultimi dieci anni di film dello stesso genere.  

Non si può rimanere inermi neanche di fronte ad affermazioni che sembrano prese dai quotidiani di questi giorni, “Sono pronto ad incontrare Dio e a rispondere di ogni singolo sparo”. I film di Eastwood sono come se nascessero già classici, se si pensa a quelli dello stesso genere, per esempio, da Gunny a Flags of our fathers. Raccontano di ogni epoca e per ogni era sono capaci di affermare principi importanti, a prescindere dal nome e dall’epoca in cui si svolgono le battaglie.

Inoltre, anche in American Sniper, grande merito va agli interpreti, capaci di un realismo assoluto, basti guardare Bradley Cooper, irrobustito come un vero soldato allenato a certe situazioni di frontiera, ma anche la bellissima Sienna Miller, donna orgogliosa del proprio uomo ma anche sofferente per le sue mancanze nei confronti di lei e della famiglia.

C’è il rischio che il film di Eastwood appaia come un’opera che celebri il peggio di ciò che l’umanità possa pensare, appunto, la guerra. In realtà, è proprio nel finale del film, ma anche nel suo mentre e nel disgusto che tutti, attori e spettatori, si prova standoci dentro, che Eastwood, in modo plateale, afferma quello che in tanti vorremmo non solo pensare, in rapporto a quello che sta decretando la morte dell’umanità. Anche nella perfezione della mira di un eroe come Chris, non ci si abbandona mai a quell’eroismo becero di chi combatte, vive o muore da martire, in nome di un Dio per il quale guerreggiare. Qui, piuttosto, c’é un incontro-scontro, ma in cui la guerra appare per quello che é, viscida e strisciante, da cui, comunque, è bene difendersi, anche se in questo stato di terrore, la pace diventa sempre più l’unica vera impresa per ogni eroe che si voglia.

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