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Materiale per Hellas

Regia di Tonino De Bernardi vedi scheda film

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La recensione su Materiale per Hellas

di OGM
7 stelle

Tonino De Bernardi accende la videocamera. Apre gli occhi, ed aspetta che la vita gli sfili davanti. E la vita, gioiosa, obbedisce. C’è sempre un cuore di verità che si piazza al centro della scena. Solo a tratti sfugge, gioca a nascondino, e allora l’obiettivo lo cerca, in lungo e in largo, e prima o poi lo trova. Perché le cose non si stancano mai di accadere. Ogni tanto si mettono in attesa, si ritirano giusto  un istante, per tornare, subito dopo, con nuove sorprese, nuovi contrasti, nuove adorabili insignificanze.  Una spiaggia, una sera, un’estate in Grecia. Un ristorante, la gente, la musica dal vivo. In primo piano ci sono i volti degli amici, i piatti e i bicchieri da distribuire sul tavolo, ma sullo sfondo nero del mare di notte, compare, con la sua corona di colori fuori posto, una giovane venditrice di palloncini.  Lo sguardo indugia su di lei, mentre il mondo, intorno, non si ferma. Prosegue con il suo disordine qualunque, con la sua testarda noncuranza, che pure è fonte inesauribile di dettagli passeggeri che  si lasciano raccontare. La composta attenzione del gruppo seduto al tavolo rotondo. La casuale distrazione dell’uomo di spalle, quello con la camicia rosa. I personaggi sono gli attori di quel gran flusso che si chiama esistenza; è un divenire chiassoso e ozioso, come quello della folla che si diverte, che mangia e beve, che si alza dalla sedia per ballare, per passeggiare, o per andare incontro a qualcuno.  Ma sa  anche essere una metamorfosi quieta e recondita, che si compie al di là dei confini di un paesaggio solare e deserto, come quello di una strada di periferia,  nel primo pomeriggio, nell’ora in cui si resta in casa per riposare.  Un cane abbaia, ma non lo si vede. È una presenza misteriosa, come quella cicala che non smette di cantare. In quel momento del giorno lo spettacolo è un nulla ansioso di rivelazione. C’è qualcuno che lavora, un giovane muratore con la betoniera, un anziano contadino con i suoi alberi e le sue pecore. Sono figure operose, ma solitarie e lontane, che animano il quadro e basterebbero a riempirlo, però vanno e vengono dal proscenio, perché non sono definitivamente protagonisti. Non è certo se siano superstiti del passato o avanguardie del futuro. Sono simboli di prosperità che annunciano una rinascita, o forse, invece, testimoniano la nostalgia per un’epoca d’oro finita per sempre. Luce e buio sono le sponde fra le quali cui naviga la Hellas di oggi,  con le antiche speranze indecise se evolvere in oblio postmoderno oppure in magia mitologica. Melodia per dimenticare o silenzio per sognare.  Materiale che si offre liberamente alle mani di chi lo vorrà plasmare. 

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