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Good Kill

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su Good Kill

di gerkota
6 stelle

Dal joystick sul computer alla realtà il passo è stato breve. Prima far esplodere dei pixel, poi ridurre in brandelli veri esseri umani. Braccia che finiscono impigliate al ramo di un albero, corpi ridotti in tanti pezzi al punto che è impossibile stabilire quante persone siano state eliminate. È l'aeronautica statunitense fatta coi droni (o anche aeromobili a pilotaggio remoto, APR), determinata a punire alcuni paesi mediorientali e affini (Afghanistan) dopo l'abbattimento delle Twin Towers il 13 Settembre 2001. La vicenda di Good Kill (che è anche la frase convenzionale pronunciata dai manovratori dopo aver fatto centro) è stata scritta e diretta dal 49enne regista neozelandese Andrew Niccol, consacrato al suo esordio dietro la cinepresa nel 1997 col riuscitissimo Gattaca - La porta dell'universo (allora come in Good Kill il protagonista era un’appena 27enne Ethan Hawke). Il film racconta il nuovo modo di fare la guerra. In via di semi estinzione i piloti dei cacciabombardieri - aerei malinconicamente parcheggiati nelle basi militari - alla Top Gun (vedere l’opera di Tony Scott del 1986 con un rampante Tom Cruise), sostituiti da ex assi della cloche, ridotti a colpire presumibili obiettivi di 'immediata pericolosità’ da migliaia di chilometri di distanza e migliaia di metri d'altezza (“se guardassero esattamente verso di noi non potrebbero vederci”, recita più o meno una battuta del copione). Invisibili. Una carneficina giornaliera che ha come conseguenza nefasta quella di ridurre in mille pezzi il sistema nervoso del protagonista – impersonato, come detto, dall’oggi 45enne Hawke – e di altri suoi colleghi. L’attore di Austin (Texas, Usa) non si rivela del tutto adatto alla parte, il ruolo di un maggiore ex pilota che annega nella vodka la propria frustrazione e manda all’aria il matrimonio. Il punto è: i più pericolosi terroristi di Al Qaida - quelli del famigerato 'mazzo di carte' - ci hanno attaccato vigliaccamente? Noi, perciò, siamo autorizzati a trasformarci in carnefici come loro. In codardi (definizione usata nel film) che sparano sulla gente senza che le vittime designate abbiano alcuna possibilità di difendersi (proprio come i martiri delle Torri Gemelle). Un fuoco infernale che obbliga ufficiali e soldati a mettersi a confronto con se stessi e a scoprire che la propria indole va deteriorandosi giorno dopo giorno. Il problema è che, al di là delle regole militari e degli ordini da eseguire, c'è la coscienza di uomini e donne che non metabolizza la disumana reazione di un Paese ferito a morte. Good Kill è anche un film sui danni collaterali, donne e bambini polverizzati nelle esplosioni. In tutto questo il neo è che comunque l’opera si presenta come un drammatico d'azione e di guerra. Ma dal primo all'ultimo minuto è di una lentezza che mette spesso a dura prova l'attenzione dello spettatore. E così un tema molto interessante e delicato si trasforma in uno sciroppo amarognolo. La pellicola è ben girata ma, come per Ethan Hawke anche gli altri personaggi sembrano frenati da uno script che non riesce ad andare mai troppo in profondità. A farne le spese il veterano Bruce Greenwood (nel cast dell’apprezzato Truth - Il prezzo della verità, 2015) e January Jones (brava in Sweetwater - Dolce vendetta nel 2013). A cavarsela meglio di tutti un'intensa e credibile Zoë Kravitz (nel cast del recente The Divergent Series: Allegiant). Il finale non è quello che era lecito attendersi. Guardabile, voto 6,5.

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