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L'accabadora

Regia di Enrico Pau vedi scheda film

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La recensione su L'accabadora

di mck
8 stelle

...che ci fanno queste figlie / a ricamare a cucire // queste macchie di lutto / rinunciate all’amore...

 

 

Le ombrellifere secche compongono l'orizzonte brullo della viva campagna coltivata, le fresche macerie cittadine attendono il ritorno delle Fortezze Volanti (Boeing B-17) riunite in uno stormo in formazione (o sono Douglas A-26 Invader? Chiedilo alle bombe) solcant'il cielo, accompagnate dai caccia Lightning P-38 della Lockheed. Dalle Margheritine (no, non c'entra Vera Chytilová - ma l'estremità opposte si toccano -, e poi niente, nulla, per dieci anni) di camomilla sommerse ai campi di grano maturo, le spighe di frumento dorate mosse dal vento e dai passi di lei, l'accabadora (no, “non” c'entra Michela Murgia, quell'anno Mondello e Campiello, ma il paesaggio antropologico è lo stesso, e stessa la radice, come per l'esperienza de l'Arminuta di Donatella Di Pietrantonio, o l'inversione centripeta dell'Aracoeli di Elsa Morante), colei che pone fine, spegne gli stenti, la (s)terminatrice, l'addio al fiele, l'eutanasica portatrice di lenimento al tormento, la benevola placante l'agonia, l'ultima figlia e l'ultima madre (e un poco di Miele, tra gli Others di queste macerie OverLook, soffocando tra i seni, gli estremi e conclusivi, convulsi rantoli terminali degli Scafandri arrugginiti dalla pena irrimediabile e delle Farfalle epilettiche, delle Belle Addormentate in incubi frementi e di chi affoga giorno dopo giorno ben sveglio ed immerso negli abissi di sudore, sommerso dopo aver provato l'ebbrezza di possedere un Mare Dentro), che sale a cavalcioni sul petto degl'infermi e innalza e cala le proprie ginocchia come un maglio sui loro sterni che si alzano e si abbassano, e i polmoni si svuotano, o, a scelta, alla bisogna, un cuscino a premere sulla carotide, le giugulari, il nervo vago, la laringe, la trachea, colei che risponde a chiamata, e sale le scale altrui, trovando da sé la strada per il capezzale, trasformandolo in camera ardente, precedendo di un passo le declamazioni delle prefiche uggiolanti. Gesù crocifisso volta le spalle allo scenario delle esecuzioni, storna lo sguardo, si gira verso la parete, guarda il muro. Di soprassalto, Tecla ha uno spasmo, un singulto, e interrompe così uno dei sognanti ricordi di Annetta, destandola dalla sua rimembranza, e con lei risvegliando entrambe. A poco a poco il passato si espande, l'analessi prorompe, i flashback invadono il qui ed ora, la retrospezione dilaga, le due modalità di penetrazione nel tempo del racconto si scambiano di posto, interferiscono, e ciò che sembrava il presente collassa verso il futuro, diviene prolessi, flashforward, anticipazione. Le plastiche, ricostruttivamente dissezionanti, "artigianali" cere anatomiche di Clemente Susini lasciano il posto alla Mostra delle Atrocità. Arriva la modernità, il contemporaneo, l'8mm (del cineamatore Marino Cao, all'opera con la sua Kodak a Cagliari nella primavera del '43). Eccoli, i droni, portanti la buona morte, in sorte. 

 

 

Enrico Pau, l'autore di “Pesi Leggeri” e “Jimmy della Collina”, ritorna al cinema di finzione e lungometraggio dopo quasi un decennio di assenza, e licenzia la sua opera migliore, scritta a sei mani con la sodale Antonia Iaccarino e Igor Tuveri in arte Igort. Barry Ward funziona, Carolina Crescentini si conferma sempre brava, Sara Serraiocco è forse (ancora) un po' troppo (poco?) grezza, Donatella Finocchiaro è riuscita a esprimersi molto meglio (parlo della parte vocale - intonazione e dialetto -, perché le interpretazioni del corpo e del volto lavorano benissimo) in altre occasioni [Angela, il Regista di Matrimoni, Galantuomini, Sorelle Mai, Terraferma, e magnifica Prima Corifèa nella trasposizione in siciliano e greco moderno (al Teatro Antico di Siracusa) di Moni Ovadia de "le Supplici" di Eschilo]. Montaggio di Andrea Lotta e Johannes Nakajima, fotografia di Piers McGrail, musiche di Stephen Rennicks (voce di Sophie Rennicks) e A Filetta (Jean-Claude Acquaviva & C.).  

 

 

Disamistade su scala globale [una parafrasi del film e una sineddoche / reductio ad hominem della WW2, come di (quasi?) tutte le guerre] :

                  [...]

che ci fanno queste figlie
    a ricamare a cucire

queste macchie di lutto
   rinunciate all’amore

                  [...]

 

* * * ½ (¾) - 7 (½) 

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