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Regression

Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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Sandy22

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La recensione su Regression

di Sandy22
6 stelle

Una cittadina del Minnesota. Una ragazza denuncia il padre di aver abusato di lei e di essere coinvolto in una setta satanica, il padre però non ricorda nulla. Un detective che si fa coivolgere emotivamente e psicologicamente in questa brutta storia. Questi sono gli ingredienti di Regression, l'ultimo film dello spagnolo Alejandro Amenabar, già regista del bellissimo The Others.

 

Regression è un thriller che mescola atmosfere inquietanti di (reali o presunti) riti satanici e teorie psicanalitiche sull'ipnosi e la regressione attraverso la classica vicenda del detecrive che si butta a capofitto nel caso e perde di vista la realtà. La tensione c'è e si sente e gli attori protagonisti sono molto convincenti: sia Emma Watson che interpreta Angela, la vittima, sia Ethan Hawke nei panni del detective, personaggio che deve trovare il bandolo della matassa e dare una spiegazione razionale a quello che sta accadendo attorno a lui. Man mano che la storia si infittisce, il detective Bruce si inoltra in una selva oscura e intricata che sembra prendere direzioni soprannaturali. La figura del professore (interpretato da David Thewlis) che affianca Bruce nelle indagini, non aiuta certo a schiarire le idee. Attraverso la pratica della regressione, il professore è convinto che sia possibile riportare a galla i ricordi sepolti che ognuno cerca di nascondere per non doverli affrontare. La suggestione però prende il sopravvento e Bruce sprofonda in un limbo di quasi follia prima di riuscire a risolvere il caso, che si conclude con un plot twist inaspettato. 

 

Il film parte molto bene, creando dei personaggi interessanti, un mistero che deve essere svelato e soprattutto delle atmosfere di tensione che si sviluppano a metà fra la tipica indagine e tematiche soprannaturali-religiose. Regression però funziona solo a metà: se la prima parte del film costruisce una storia intrigante, nella seconda e poi nel finale, la soluzione del caso sembra arrivare in modo un po' piatto, quando ormai la tensione si è smorzata. Una volta capito il gioco, lo spettatore sa cosa aspettarsi. Inoltre, nella seconda metà del film, il personaggio del professore-psicologo viene messo sempre più in ombra, anche se il finale sviluppa una riflessione (e un giudizio) su quelle stesse teorie di regressione che danno il titolo al film. 

 

Nonostante questi difetti, il film scorre bene e dopo tutto anche il finale lancia un messaggio interessante che si sarebbe potuto sviluppare in modo più chiaro: di fatto il male è molto più vicino di quello che pensiamo. Al di là della religione, delle superstizioni, dell'ipnosi, della suggestione, il male più pericoloso è quella provocato dalle persone reali, soprattutto da quelle meno insospettabili. È proprio questo l'aspetto più inquietante.

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