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McFarland, USA

Regia di Niki Caro vedi scheda film

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La recensione su McFarland, USA

di maurizio73
5 stelle

Caro inizia col depistare lo spettatore rispetto alle solite vicende di uno sport nazionale nel mito di una provincia povera e sperduta, per indirizzarsi verso una disciplina negletta, alla portata di una progenie di diseredati il cui riscatto a stelle e strisce abbisognava solo di bermuda colorati ed un paio di sneakers per essere raggiunto.

Trasferitorsi con moglie e figlie nella piccola cittadina californiana di McFarland, il coatch Jim White cerca di far dimenticare le intemperanze che lo hanno fatto licenziare dalla scuola in cui insegnava in precedenza e di far accettare alla sua famiglia una comunità rurale abitata per lo più da immigrati messicani dediti alla raccolta nei frutteti della zona. Dopo l'infruttuoso tentavivo di proporsi come vice allenatore di football, decide di formare una squadra di corsa campestre con le improbabili risorse rappresentate da ragazzi poveri che si dividono tra lo studio ed il duro lavoro nei campi.

 

locandina

McFarland, USA (2015): locandina

 

Nella breve ma vincente filmografia della cinquantenne regista Neozelandese Niki Caro, questo titolo targato Disney rappresenta una sorta di utile compendio per una naturale inclinazione al racconto pedagogico che chiami in causa le belle speranze di una giovinezza svantaggiata destinata a grandi imprese (La ragazza delle balene), il miraggio proletario di un sogno americano da importazione (North Country) ed il messaggio edificante di una storia vera che sembrava fatta apposta, con le dovute licenze narrative, per ricapitolare idealmente i primi due. Spedito un maturo e sempre fascinoso Kevin Kostner nei luoghi natali dei suoi trascorsi ginnasiali e nel tempo di una memoria cinematografica di nostalgie generazionali al confine con il Messico (Fandango), la Caro inizia col depistare lo spettatore rispetto alle solite vicende di uno sport nazionale che cresce nel mito di una provincia povera e sperduta (con tanto di acronimo USA nel titolo originale), per indirizzarsi subito dopo verso una disciplina negletta che solo l'America poteva nobilitare degnamente e considerare alla portata di una progenie di diseredati il cui riscatto a stelle e strisce abbisognava solo di bermuda colorati ed un paio di sneakers per essere raggiunto. Correre, si sa, non può far male a nessuno, come pure questa innocua storiella di integrazione culturale ed eroismi di basso profilo per la quale il sottotesto marxista (l'immigrazione come risorsa di un paese che concede al più solo opportunità, ma non garanzie, di riscatto) è solo un pretesto di appetibilità e dove il confronto-scontro tra la middle class in cerca di migliori occasioni e la working class in cerca di sopravvivenza si risolve nelle gustose dinamiche relazionali tra famiglie diversissime che lo sport unisce nel giusto compromesso di un obiettivo comune. Insomma lo spirito edificante e didascalico è quello del bellissimo Stand and Deliver, che curiosamente usciva negli stessi anni in cui è ambientato questo e come questo basato sulla vera storia di un docente immigrato che riscatta la sua classe di svogliati latinos losangelini con il fascino controintuitivo dell'analisi matematica; ivi comprese le didascalie che precedono i titoli di coda con tanto di ricapitolazione di rito delle vicende reali. Chi non sa fare insegna (magari bene) e chi non sa insegnare magari sa fare (pure meglio), educando la propria famiglia al rispetto di culture diverse da cui apprendere i riguardi per le fragilità adolescenziali dei propri figli ed alle quali trasmettere la speranza a portata di mano per una progenie non destinata esclusivamente al duro lavoro dei campi. Ben bilanciato tra la narrazione delle dinamiche relazionali ed i progressi sulle piste sterrate, non si prende troppo sul serio come tutti i drammi formato famiglia scritti come si deve, pur con qualche concessione finale al thriller twist di un infortunio non necessario, ai buoni sentimenti di vicinato ed all'happy endig dei classici finali della casa di Burbank. Pochi riconoscimenti di critica, tra cui una nomination come miglior film drammatico ai Teen Choice Awards 2015.

 

McFarland

Oh somewhere in middle America
Get right to the heart of matters
Oh it's the heart that matters more...

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