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La strada del mistero

Regia di John Sturges vedi scheda film

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La recensione su La strada del mistero

di fixer
6 stelle

 

Il cinema poliziesco degli anni ’40 è sicuramente uno dei generi più amati. La cosa riguarda non solo i cinefili, ma le fasce sociali più disparate. Piace agli uomini attempati, ai giovani, ai critici.

La ragione principale è forse nella linearità del racconto, cioè nella trama semplice ma ben raccontata. Rispetto agli anni ’30, Hollywood produce film di stile realistico, lanciando la moda delle scene girate fuori dagli studi, “on location” come dicono negli States.

Rispetto alle produzioni anni ’50, l’uso del bianco e nero è funzionale alla storia. L’uso sapiente del colore fa da supporto alla “suspense” e addirittura  diventa stile esso stesso (il celeberrimo “noir”).

Uno dei maggiori operatori in questo senso è John Alton, autentico maestro, capace di ottenere effetti, visuali, capaci di interagire con la nostra psiche, creando sensazioni prima di allora mai provate.

Hollywood, poi, in quegli anni, poteva contare su autentici “scrittori”, gente cioè capace di scrivere dialoghi e sceneggiature caratterizzate da un talento personale, a da un’abilità particolare di adeguare la sceneggiatura alle esigenze drammatiche del film.

L’arrivo di tanti artisti mitteleuropei e una visione del mondo incupita dalla tragedia della guerra e dai suoi orrori spinse le case produttrici (le famose Majors) di questo genere di film (tra cui eccelleva la Warner Bros.)a sfornare film realisti, duri e crudi, spesso pessimisti, ma capaci di riscuotere un grande successo.

Il film in questione, prodotto dalla MGM che, suo malgrado (data la sua nota propensione per un cinema più spettacolare e positivo), si piegò alle esigenze del pubblico, è stato diretto alla fine degli anni ’40, ma è senz’altro in linea con il filone poliziesco che ormai si ara andato affermando in quegli anni.

Il regista è John Sturges, che potremmo definire un solido mestierante senza diminuirne affatto le capacità, autore di buoni film di genere diverso (ma soprattutto western classici, come I MAGNIFICI SETTE e soprattutto SFIDA ALL’OK CORRAL) e gli sceneggiatore sono Sydney Boehm (autore di script importanti come LA STRADA DELLA MORTE (di Nicholas Ray) e di IL GRANDE CALDO (di Fritz Lang) e soprattutto Richard Brooks (autore di romanzi come THE BRICK FOXHOLE da cui verrà tratto il film ODIO IMPLACABILE (di Edward Dmytrryk) e di sceneggiature di film straordinari come FORZA BRUTA (di Jules Dassin) e L’ISOLA DI CORALLO (di John Huston) e regista di film che hanno fatto epoca 8LA GATTA SUL TETTO CHE SCOTTA, ESSI VIVRANNO, A SANGUE FREDDO, IN CERCA DI MR.GOODBAR. LORD JIM, L’ULTIMA CACCIA ecc.)

Come si è detto, la MGM non prediligeva questo genere di film, ma le esigenze del pubblico e la necessità di fare lavorare tanta gente sotto contratto, obbligavano lo “Studio” a produrre film come questo, con budget limitato, con attori di poca rilevanza e poche pretese (i famosi B-Movie).

Spesso, però questi film, proprio per il talento dei registi, sceneggiatori ed attori, si rivelarono veri e propri capolavori.

Qui, l’attore principale è Ricardo Montalban, un discreto attore messicano che Hollywood, alla ricerca di volti nuovi, aveva chiamato nel 1941 per lanciare il tipo “latino” che sapeva infiammare tante platee (dopo i trionfi di Valentino). Ma il primo ruolo importante lo ebbe solo nel 1949 in MERCANTI DI UOMINI, di Anthony Mann.

Montalban qui interpreta il ruolo del tenente di polizia Morales, immigrato da mano di 10 anni, ma sveglio abbastanza da inserirsi agevolmente nel suo nuovo Paese.

Il film si incentra soprattutto sui due protagonisti maschili: Morales e il professor McAdoo, docente all’università di Harvard (in effetti il film è ambientato a Boston). L’aspetto forse più originale del film è l’investigazione scientifica sulle ossa di una ballerina assassinata sei mesi prima. Abituati ormai alle prodigiose abilità dei detective di telefilm tipo CSI, non ci facciamo meraviglia delle capacità del professore, in grado di determinare, partendo da qualche osso, da qualche capello e alcune foglie, sesso, professione, data probabile e causa di decesso.

Tra Morales e McAdoo inizia una collaborazione che porterà alla scoperta del colpevole, ma che si caratterizza per il doppio binario investigativo. Da un lato, Mc Adoo (Bruce Bennett), utilizza criteri strettamente scientifici e induttivi, mentre Morales si avvale del suo particolare “fiuto”, dote basilare per ogni buon poliziotto.

Quel che colpisce è la linearità del racconto, l’apparente semplicità (quasi banalità) del filo narrativo. Si parte dall’antefatto: una ballerina procace ma squattrinata cerca disperatamente di contattare un uomo che l’ha messa nei guai. Alla fine, dopo aver coinvolto un giovanotto ubriaco e triste con la moglie in ospedale, riesce a incontrarlo ma invece di aiuto si becca una pallottola che la manda la Creatore.

Sei mesi dopo i resti del suo corpo vengono trovati in una macchia di cespugli accanto a una spiaggia.

Qui comincia l’indagine.

Alla fine, il colpevole verrà catturato, ma questo non è poi così importante. Ciò che colpisce in questo genere di film è il contrasto nello stesso genere poliziesco dei film di quell’epoca e quelli contemporanei.

Colpisce ad esempio la figura morale del protagonista: è un uomo retto, non corrotto, ha un atteggiamento positivo verso la vita. Ha lottato duramente per farsi largo e uscire dal ghetto in cui era confinato, una volta entrato negli Stati Uniti. Non si inquinano le prove, non si maltrattano gli informatori. La droga non è ancora diventata la piaga sociale attuale.

Gli Stati Uniti erano appena usciti da una guerra e forte era il problema del ritorno a casa dei reduci e del loro reinserimento (Hollywood ha lasciato film memorabili al riguardo). Dall’altro lato, finita la guerra, si sentiva il bisogno di dare finalmente sfogo al proprio desiderio di evadere, di sognare, di divertirsi.

Il genere poliziesco rappresenta un po’ la coscienza morale di una Nazione desiderosa di legalità e di colpire quello che non va nel Paese. Possono essere i soliti criminali, ma possono essere anche i “commies” (i comunisti) o coloro che tramano nell’ombra per complottare contro gli Stati Uniti per conto di Paesi stranieri (il caso dei coniugi Rosenberg è esemplare).

C’è quindi il bisogno di eroi positivi che incarnino, senza macchia, quello che si vorrebbe  come americano medio.

Le storie devono essere chiare, semplici e non ci possono essere ambiguità, punti grigi. Il cattivo è ben individuato e per lui non devono esistere spazi per comprensione, indulgenza o alibi sociali.

Questo tipo di mentalità è ben evidente nelle produzioni di Studios come la MGM (sempre attenta ad interpretare il sogno americano tutto positivo). In altri casi, come la Warner Bros. o la RKO, anche per l’apporto di sceneggiatori europei sfuggiti al nazismo, vi sono segni di ambiguità, di maggior comprensione verso coloro che infrangono la legge (sulla base di considerazioni sociologiche sempre più presenti).

Qui invece, nulla di tutto ciò. Eppure, nonostante questo, il film è godibile e avvincente.

Oggi, a più di sessant’anni da quell’epoca, un numero crescente di persone amanti del cinema dichiara di amare il cinema poliziesco americano degli anni ’40. Forse perché, in un’epoca di fortissime tensioni, di messa in discussione di valori, di sistema, di relativismo generale, di globalizzazione, la gente sente il bisogno di “paletti”, di punti di riferimento chiari, di valori condivisi e condivisibili.

Una semplice storia poliziesca, narrata in modo tradizionale, scritta abbastanza bene, diretta da un vero professionista e con happy end finale, solletica il desiderio (a volte inconfessato) di chiarezza. Inconfessato perché troppo spesso la chiarezza di un racconto diventa, con la sensibilità attuale, un tanto banale, un tanto scontata.

La difficoltà di districarsi nell’estrema e variegata complessità di relazioni di qualsiasi tipo che caratterizza la nostra società, spinge l’”Homo technologicus” a cercare oasi di certezze, pascoli di serenità, sorgenti di semplicità.

Il pubblico degli anni ’40 amava, come si è detto, questo genere di film per la loro forte dose di realismo, stanchi di sorbirsi commediole insulse e storielle fasulle e avulse dalla realtà quotidiana.

Se è vero che il cinema è specchio della società contemporanea, non è possibile definire che cos’è un film attuale, data l’estrema varietà di spunti e di impulsi che arrivano da ogni parte, tutti con caratteristiche diverse.

E’ possibile invece definire un film “classico”. Per le ragioni prima citate. E il cinema poliziesco degli anni ’40 è il “locus classicus” per eccellenza.

 

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