Regia di Paolo Martino vedi scheda film
Menzione speciale nella manifestazione appena conclusa “Sole Luna Treviso Doc Film Festival, un ponte tra le culture”2015, evento ormai decennale che unisce Palermo e Treviso in una importante selezione di documentari da tutto il mondo (www.solelunadoc.org) , Terra di transito mette in scena lo spaesamento geografico ed esistenziale di Rahell, giovane di etnia curda fuggito bambino in Siria dall’Iraq e quindi fortunosamente approdato di recente in Italia, a Roma.
Rahell vorrebbe trasferirsi in Svezia dove vive parte di una grande famiglia a cui è molto legato, insediata lì negli anni ’90 dopo la fuga da guerra e bombe chimiche.
Purtroppo, come tanti, è bloccato in Italia dalle norme del regolamento di Dublino che locostringono a rimanere nel primo Paese che l’ha schedato,prendendogli le impronte digitali e dandogli un passaporto praticamente inutile.
Nell’amara ironia del titolo, la terra di transito diventa la trappola in cui si è obbligati a vivere in condizioni di totale precarietà, senza lavoro, né famiglia, nè futuro.
Partito come reportage documentario, con panoramiche fredde, orizzontali, sul profilo straniante della città e squarci su banlieu degradate di plumbea desolazione, Terra di transito si fa subito sguardo che tallona Rahell, assegnandogli il compito di fornire il quadro reale di disoccupazione, alienazione e assenza di prospettive che segnano il sottobosco urbano di immigrati schedati e lasciati in un’ attesa senza fine.
Con una selezione di eventi liberi da compiti strettamente narrativi e un montaggio che re-interpreta la realtà esaltando il valore dello sguardo e il potere dell’inquadratura, Martino realizza un film-verità che del documentario ha tutte le peculiarità, ma è anche ibridazione di generi, racconto originale, punto di vista sul mondo.
Rahell è figura reale che percepiamo subito come emergente rispetto alla media degli immigrati che condividono la sua stessa sorte. Dotato di buona dialettica, capacità di riflessione e consapevolezza non peregrina dei suoi diritti, la sua è una piccola storia personale di cui è voce narrante, ma è anche rappresentativa di una condizione umana nei suoi aspetti più problematici.
Ritratto alienante e disadorno di una marginalità che schiva l’impatto emotivo facile e realizza complicità empatica nello sguardo dolente sul mondo, Terra di transito fa del linguaggio filmico il luogo della denuncia e della coscienza critica, dello sguardo politico e della sommessa e incontenibile spinta alla vita, nonostante tutto.
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