Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Perduti in una trincea scavata sotto terra e sommersa dalla neve, alcuni soldati trascinano le giornate cercando di sopravvivere tra malattie, disagi e bombardamenti. La morte è sempre dietro l'angolo e il freddo pare non debba andarsene mai.
Ermanno Olmi sceglie uno stile minimalista per questo film sulla solitudine degli uomini in guerra. È tutto ridotto all'osso e proprio per questo la vicenda acquista da subito una drammatica autenticità: l'invenzione è stata cancellata a favore di una trama documentaristica, edulcorata da qualsiasi orpello che possa sfocare la brutale realtà delle cose. Così i colori della pellicola si ritirano nel bianco e nero, nel seppia: persino la luce vuole scappare da una buca dove è rimasto solo il dolore, dove c'è spazio solo per la sofferenza e il rimpianto per quello che esiste al di là, a casa, a una distanza inimmaginabile. La dimensione del soldato pare diventare allora metafora di tutte quelle condizioni (ad esempio la malattia) in cui l'essere umano non può fare più nulla, trovandosi completamente in balia degli eventi. Di validi film sulla guerra ve ne sono molti, ma questo di Olmi è l'efficace sunto che ancora mancava.
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