Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Attorno all'incidente del povero Leo Minosa, rimasto quasi sepolto nei cunicoli di una montagna indiana, cinico giornalista in cerca di scoop e vendetta professionale monta un tragico carnevale mediatico. L' interessante contradditorietà di quest'opera sta nella conflitto tra la materia della storia, delicata al limite del tabù, e il racconto, indelicato al limite dell'audacia. La stupidità umana che ha edificato la società sul denaro, il consumo e il successo viene svergognata da un film che sembra non nascondere la sua alrettanto pragmatica ricerca dell'effetto. Caratterizzazioni eccessive, poche sfumature, manicheismo, tutto in toni scuri, ognuno al suo ruolo d'appoggio -o d'inutile opposizione- al demiurgo Kirk Douglas Tatum, vero asso nella manica di Billy Wilder. La saldissima sceneggiatura del cinema classico accusa delle crepe (forzature), ma il racconto procede spedito come un'onda in piena e alla fine tutti annegano, nessuno escluso, attori, spettatori, regole e convenzioni cinematografiche. Il cinema si smaschera (volutamente?) e smaschera i cinema della grande fiera dello spettacolo contemporaneo, dove tutte le emozioni sono in vendita a chi voglia offrirsi senza badare a spese. Anche dovesse trattarsi della propria dignità. E' il sistema spettacolo, più che il (solo) quarto potere, ad esserne seppeliito.
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