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Forza maggiore

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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Utente rimosso (SillyWalter)

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La recensione su Forza maggiore

di Utente rimosso (SillyWalter)
8 stelle

 

       Affascinante e ironico, FORZA MAGGIORE lascia trasparire una mano autoriale evidente e al tempo stesso lieve, giocosa, elusiva.

       Un istinto vile. Una valanga controllata (provocata ad arte da chi gestisce gli impianti) rotola verso Tomas, Ebba e i loro bambini seduti nella veranda di uno chalet alpino. Tomas, calmo e rassicurante fino all'ultimo, quando si accorge che la valanga non si ferma scappa direttamente senza preoccuparsi dei propri cari. Ad investire Ebba e i figli sarà solo una nube farinosa, presto dissolta, ma il gesto di Tomas rimarrà piantato nella memoria della moglie aprendo dubbi e fratture nella coppia.

 

Johannes Bah Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren

Forza maggiore (2014): Johannes Bah Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren

 

 

       Chi sono queste persone prese nel meccanismo familiare? Dove dobbiamo cercare la loro identità? Nel ruolo che hanno in famiglia? Quale ruolo: quello che si impongono, quello richiesto dal partner o quello (ritenuto) necessario ai figli? O è forse un'identità che fuoriesce dalle voragini scavate ossessivamente in una ferita aperta da un momento di debolezza/viltà (a scelta)? 

       Si ha quasi l'impressione che Östlund metta in scena una storia di fantasmi. Fantasmi di situazioni e persone. Un disastro mancato diventa un simulacro di dramma nella mente di una moglie per venire poi portato a proporzioni ridicolmente enormi da entrambi i coniugi (c'è anche il riflesso musicale della"drammatica" Estate di Vivaldi su placidi scenari innevati, come un fantasma di tragedie sepolte...). E poi gli involucri di Tomas ed Ebba che, senza più un ruolo, crollano svuotati, disorientati. Indicativa è la crisi di Tomas che "non si riconosce piu" e inscena un pianto inesauribile confessando ogni possibile colpa. Ma indicativa è anche la giornata in solitudine di Ebba, svagata, assente (la scena della seggiovia), che guarda in lacrime da lontano marito e figli, che ribadisce irritata le sue priorità familiari a una nuova amica libertina. Ed è un fantasma anche questo matrimonio ideale che la coppia propone nelle foto e nella scena in cui dormono tutti nello stesso letto (tutti lo stesso pigiama), come in quella in cui i due si isolano fuori dalla stanza accordandosi razionalmente sul superamento dei dissapori perché "non è successo niente e i bambini stanno bene," etc. (la retorica spicciola del buon senso con cui inganniamo noi stessi...).

       

Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren, Johannes Bah Kuhnke

Forza maggiore (2014): Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren, Johannes Bah Kuhnke

 

 

       È un'inconsistenza molto borghese quella di Tomas ed Ebba. Entrambi sono irragionevoli e infantili nonostante le capacità dialettiche e l'ordine apparente  (Tomas chiaramente, ma anche Ebba, sensata e conciliante "vis a vis", umilia poi due volte il marito in pubblico). Entrambi supini all'ideale familiare come unico orizzonte, incapaci di guardarsi dentro e di parlare onestamente col partner o con i figli (preferiscono piuttosto costruire una scenetta ridicola per rafforzare nei bambini sicurezza e stima per il padre). Sembra chiara allora la funzione del personaggio della "libertina" che a più riprese fa da pietra di paragone: da un lato chi comprende e accetta le cose della natura (esterna e interna) e semplicemente, flessibilmente si adegua; dall'altro chi invece cerca di tramandare ("conservare") un ordine rigido che finisce per far esplodere emozioni compresse. Nel finale non per niente "la libertina" è l'unica a restare sul pullman mentre tutti gli altri, contagiati dall'allarmismo, seguono la decisione della folla. Qui infine Tomas, che non ha perso la testa nella nuova emergenza, guida il gruppo e si concede una sigaretta davanti al figlio ("Papà fumi?", "Sì, fumo."). L'ingenuo orgoglio del maschio borghese restaurato? Può essere. Ma Östlund non ama le risposte facili.

 

scena

Forza maggiore (2014): scena

       

        Ruben Östlund è fantasma tra i fantasmi (in un senso tutt'altro che negativo). Riesce a trovare uno stile appropriato, personale e incospicuo. Si tira indietro fingendo la distanza tramite inquadrature statiche, mancanza di enfasi e sottolineature extradiegetiche, lunghe sequenze (che sembrano quasi cercare più che affermare), ma la sua presenza creatrice risulta evidente nelle sottili, mutevoli e originali oscillazioni tra il "serio" e il ridicolo permesse da un siffatto stile. Le soluzioni registiche riescono così ad esaltare l'incomprensibilità e l'instabilità delle figure, la loro fantasmatica inconsistenza.

       Particolarmente interessanti sono alcune lunghe sequenze clou, protratte e stremate a tal punto da collezionare (quasi "forzare") diversi passaggi di registro. Una di queste è la scena del pianto di Tomas, sulle prime dall'atmosfera incerta (sta fingendo di piangere o no? Lui dice "forse"), subito volta a un'esasperazione grottesca e poi all'imbarazzante (di fronte a un estraneo) fino a un crollo ridicolo e alla graduale introduzione di un tono più dolente con l'ingresso dei figli preoccupati che abbracciano il padre e chiedono alla madre di fare altrettanto. La preoccupazione per il padre si allarga a preoccupazione per l"unità della famiglia (motivo "serio"che ricorre a raggelare diverse scene). La madre poi farà finta, accarezzando in realtà le teste dei figli stesi sul padre. Altre scene che giocano su questa variabilità d'atmosfera sono quella in cui Tomas e Ebba mettono in scena il salvataggio di Ebba nella nebbia e la lunga scena finale. Ma l'instabilità di registro è spesso presente anche in passaggi più brevi ed è a mio avviso una delle più belle note del film tutto, che sospende le scene a mezz'aria, evita scelte facili e impedisce una chiara anticipazione della direzione intrapresa (cosa che forse può anche infastidire ma che personalmente apprezzo molto).

       La difficile verbalizzazione di questi "trapassi di tono" e delle loro indefinibili sfumature tocca un po' il cuore del fascino dello stile di Östlund, stile fluido e aperto (anche a eccessi e carenze interpretative), di sicuro lontano dal preciso meccanismo a tesi. Östlund sembra trattare i suoi personaggi con un'ironia non aggressiva, sorridente ma non sghignazzante, evitando i giudizi netti come se fosse convinto che sia comunque meglio dar loro tempo perché ci stupiscano o semmai si rovinino con le loro stesse mani.

       Forse non tutto è sviluppato appieno (a volte non è esattamente chiaro se la sua sia leggerezza di tocco o esilità...) e alla fine dei conti credo ne venga fuori meglio lo stile che il tema, proprio per la tendenza all'indeterminato e al sospeso. In ogni caso è di sicuro un film stimolante che lascia il (non spiacevole) dubbio di averci visto troppo o troppo poco.   

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