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Anomalisa

Regia di Duke Johnson, Charlie Kaufman vedi scheda film

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La recensione su Anomalisa

di OGM
8 stelle

La diversità è una meravigliosa coincidenza. È lo spiraglio in cui si insinua una luce nuova, un bagliore che cambia lo sguardo ed emoziona il cuore. Un'occasione da cogliere al volo. Qualunque cosa accada.

La carne è morbida. È un impasto di panno e gomma, delicata e a buon mercato. Ci si possono plasmare tante creature e, badando al risparmio, magari tutte uguali, senza troppa fantasia. Distinte in maschi e femmine per una mera convenzione onomastica, in un mondo in cui la socialità è soprattutto omologazione, assenza di diversità, abolizione dello stupore.   Michael Stone è oppresso dalla noia, finché non arriva qualcun altro. Una persona la cui voce dal suono unico la rende strana, forse inferiore, comunque anomala. La sua fisicità non corrisponde ai canoni, a partire da quel corpo un po’ tozzo da bambina, per non parlare di quella brutta cicatrice sulla parte destra del volto. Un segno deturpante che è il primo posto su cui Michael vorrebbe posare le sue labbra, anche se Lisa non ci crede, e all’idea prova vergogna. Due esseri umani si incontrano per caso, in un albergo. Non è il solito colpo di fulmine, non è  un semplice amore a prima vista. Due strade si incrociano, inaspettatamente, e, in un momento qualsiasi, senza alcun particolare significato, due anime in pena si trovano faccia a faccia: è il punto di contatto di due vagabondaggi, di due fughe, di due viaggi disperati alla ricerca di un riparo dalla banalità. Alla base v’è un comune rifiuto del presente, di quella fissità che non dà scampo: un matrimonio, un figlio, una carriera, oppure una solitudine, un senso di inadeguatezza, la rinuncia ad ogni speranza. E si avverte, in sottofondo,  una grande voglia di far evadere l’essere dagli schematismi della realtà, che cambia solo per chiudere i discorsi e seppellire le storie. Le forme di questo film d’animazione possiedono una plasticità ambivalente, capace di tradurre  tanto i contorni rigidi e netti della monotonia,  quanto il vibrante alone dell’inquietudine morale ed emotiva. Il tratto limpido e sinuoso è una toccante sintesi di precisione e vaghezza, che nasconde, sotto una superficie perfettamente liscia, le asperità interiori prodotte dal dubbio, dall’insicurezza, dal desiderio inappagato. Superare l’apparenza significa affondare le dita in quelle fessure irregolari, e rabbrividire per la loro ruvidezza; smettere di mascherarsi è come lasciar uscire, dal cuore, quegli stridori fuori norma che rivelano il doloroso attrito con il mondo. Lisa canta, fra sé e sé, ma in un modo che non piace a nessuno. Gli altri non sono in grado di sintonizzarsi sulla inusuale frequenza della sua gioia, esattamente come non riescono a decifrare la sua singolare bellezza. Nemmeno Michael ne possiede la chiave, ma è disposto a mettersi alla prova, ad esplorare, a scoprire ciò che non conosce, perché comprendere il prossimo vuol dire proprio questo: sottomettersi con umile  e fremente curiosità al suo mistero. Non è un deciso atto di conquista, bensì un atteggiamento che, al contrario, fa sfumare l’ego, screziandolo di finissime gradazioni di sconcerto. La tormentata penombra della fragilità si tinge così dei caldi colori della vicinanza, che pure non bastano a fare piena luce, né a scongiurare la buia svolta nella tragicità. Duke Johnson e Charlie Kaufman hanno il coraggio di mettere questo tesoro in mano a dei pupazzi, figure stilizzate e prive di vita.  E la loro materia, in un attimo, si scuote di dosso la patina dell’anonimato, la goffaggine del giocattolo, per riempirsi di una indefinibile tensione. Forse è ansia di verità profonde. O forse solo la gemente sofferenza di un dettaglio imperfetto in un universo complessivamente sbagliato. 

 

scena

Anomalisa (2015): scena

 

scena

Anomalisa (2015): scena

 

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Anomalisa (2015): scena

 

 

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