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The Lobster

Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film

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Tato88

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La recensione su The Lobster

di Tato88
6 stelle

Gli esperti lo davano come il favorito per la Palma d'Oro e sebbene io non la vedessi come una previsione fuori dal mondo (i Cohen potevano rivelarsi molto imprevedibili, e questo film è abbastanza imprevisto. Ma se ragioniamo di previsioni sulla basse di elementi imprevedibili, allora di cosa stiamo parlando?!) sarebbe davvero stato il sintomo decisivo di una selezione principale che ha lasciato un po' a desiderare (i film migliori erano nelle sezioni collaterali o fuori concorso).
Non voglio dire che il film di Giorgos Lanthimos sia malvagio. L'idea di partenza è simpatica e originale e offre varie opportunità di farci una risatina ironica di fronte alla remissiva accettazione dei personaggi di fronte alle assurdità imposte dalla distopia raccontata in questo film.

"The Lobster" è alla fine dei conti una commedietta senza infamia e senza lode, una lunga fiaba/barzelletta costellata di varie battutine derivanti dall'intuizione iniziale di creare una società dove sia vietato rimanere single. Qual ora capitasse si viene costretti a frequentare un corso di riabilitazione al termine del quale, se non si fosse trovato un nuovo partner la pena prevista è la trasformazione in un animale a scelta. Il protagonista interpretato da un pacato Colin Farrell non ci sta e verso meta del film decide di fuggire dall'istituto e unirsi ai ribelli di turno (capitanati da una Léa Seydoux senza emozioni), dove le regole sono invertite: qui è vietato avere qualsiasi tipo di rapporto empatico con i compagni, sia esso anche di pura natura amichevole. Che il film andasse a parare verso l'allegoria di una società estremista che non ha mezze misure lo si poteva intuire già da uno dei primi dialoghi dove viene chiesto a Farrell il proprio orientamento sessuale e questo si vede costretto a scegliere tra etero od omosessuale. La bisessualità non è ammessa perché crea difficoltà organizzative.

Ad eccezione di questo aspetta narrativo, il film risulta troppo surreale affinché si instauri un qualche feeling tra personaggi e spettatori, che continueranno a guardare in modo distaccato l'arbitrario susseguirsi degli eventi.

La regia anonima e le interpretazioni (immagino volutamente) flemmatiche compiono un poco maldestro tentativo di costruzione di ritmo in stile Wes Anderson, senza però avvicinarsi alla totale stilizzazione del regista di "Moonrise Kingdom" anche a causa di un reparto tecnico non all'altezza.
Tuttavia, se non prendiamo in considerazione la peculiare presenza a Cannes (in Concorso!) di "The Lobster", c'è da dire che il film diverte e intrattiene nel caso si fosse disposti a dedicare un paio d'ore della propria vita ad un'opera che difficilmente avrà per essa una qualche influenza nonostante le manifeste ambizioni del suo autore. 

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