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The Lobster

Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film

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La recensione su The Lobster

di Peppe Comune
8 stelle

In un tempo non ben precisato, l'autorità centrale punisce ferocemente ogni persona non regolarmente sposata. Stando così le cose, il mite architetto David (Colin Farrell), da popo lasciatosi dalla moglie, si vede costretto a trovarsi una nuova compagna. Viene rinchiuso all'interno di un grande e lussuoso albergo in compagnia di numerose altre persone che si trovano nella sua stessa condizione di single. La regola dell'albergo è semplice e spietata : ognuno degli ospiti deve raggiungere lo scopo di trovarsi un compagno o una compagna entro e non oltre 45 giorni. Altrimenti, si verrebbe trasformati in un animale a propria scelta. Vistosi nell'impossibilità di trovare una compagna a lui idonea, David riesce a fuggire dall'albergo e ad unirsi al popolo degli uomini soli capeggiati da una leader (Lea Seydoux) bella e risoluta. Si tratta di un insieme composito di individui che vivono nei boschi confinanti l'albergo e a cui l'autorità centrale da la caccia per trasformarli in animali. Tra il popolo dei solitari, David si innamora ricambiato di una donna (Rachel Weisz), mettendo così in pericolo le rispettive esistenze. Perchè, tra le persone sole, è fatto divieto assoluto di innamorarsi.

 

Colin Farrell, Rachel Weisz

The Lobster (2015): Colin Farrell, Rachel Weisz

 

"The Lobster" è il primo film con produzione internazionale dell'autore greco Yorgos Lanthimos, il quale, però, non cede affatto alla tentazione di ammorbidire i contenuti speculativi della sua poetica, rimanendo fedele ad una cifra stilistica ostica ed affascinante insieme, rigorosa nella ricerca di un linguaggio cinematografico "sinceramente" antispettacolare, e asciutto nell'impianto scenografico. In questo suo quarto lungometraggio, con specifico riferimento a quegli aspetti sempre sottilmente presenti in ogni suo film precedente, è più marcata la matrice fantascientifica e più evidente appare la presenza oppressiva di un potere anonimo ed invasivo. Quello di Lanthimos è un cinema che riflette sulla progressiva destrutturazione del linguaggio, concepisce il vuoto di senso a cui sono state fatte oggetto le parole come l'inizio di un processo di alienazione coatta che vede l'uomo impossibilitato a sottrarsi dalla ferrea disciplina di regole assurde, e l'anestetizzazione dei sentimenti come l'aspetto solo più evidente di una degenerazione etica del genere umano. Non c'è forma di dispotismo più ottusa di quella che costringe l'uomo a rinnegare la verità dei suoi sentimenti più veri. Costretto a mentire innanzitutto a se stesso, per poter sopravvivere, l'uomo regredisce fino al punto da trasformarsi in un animale che suole utilizzare più l'istinto che la ragione per cercare di non soccombere nel proprio milieu d'appartenenza. In questo quadro d'insieme, il "nonsense",  scaturito da pretesti fantascientifici e dalla rappresentazione di rapporti umani posti al limite della più insana falsità relazionale, trova un suo senso compiuto proprio perchè l'essere umano è diventato altro da sè per trasformarsi i qualcosa di amorfo, un'entità malleabile che vive apaticamente la sua condizione esistenziale. Ribellarsi a questo stato di cose, iniziare anche solo ad esternare la verità del proprio essere uomo dotato di ragione e sentimenti reali, può significare far entrare in corto circuito tutte quelle parti che compongono un mondo che si vuole chiuso, verso ogni cosa ad esso esterno, e rigidamente controllato al suo interno. Non solo il potere centrale, quello che ha occhi ed orecchie dappertutto, quello esercitato per nome e per conto di una società degli uomini che si vuole capillarmente controllata, nutre l'interesse a limitare le libertà individuali imponendo l'accoppiamento tra pesone aventi delle supposte affinità elettive. Anche il popolo dei solitari disciplina la convivenza al suo interno basando il tutto sul fermo divieto fatto ad ognuno di innamorarsi. Si oppone certamente all'autorità ottusa del potere centrale, contro cui combatte una lotta portata fino al limite estremo della sopravvivenza fisica, ma non diversamente da esso impone le sue regole in maniera dispotica. Il dispotismo è nelle cose ormai, e si impone per forza d'inerzia partendo dall'annullamento in serie delle emozioni reali scaturito dalla sempre più invasiva mitizzazione del virtuale. E l'uomo, intanto depurato delle sue migliori facoltà intellettuali per potersi muovere meglio come un automa tra automi, non può che rendersi partecipe di questo modo artificioso di concepire il rapporto con i suoi simili. Basterebbe questo a rendere "The Lobster" un film ben ancorato al contingente, più intento ad essere un opera che si propone di raccontare in forma allegorica alcune devianze sistemiche del presente, che ad essere considerato "semplicisticamente" un film di fantascienza che si immagina un futuro possibile.

Reificazione dei rapporti umani, feticismo degli oggetti, atrofizzazione dei sentimenti, perdita di senso delle parole, alienazione dell'individuo rispetto alla realtà circostante, atomizzazione della società. Questi sono tutti temi che permeano nel profondo la poetica di Yorgos Lanthimos nel cui cinema, giusto per trovare una formula tematica che comprende in sintesi tutte quelle indicate, sono usati spesso la metafora fantascientifica e i toni apocalittici per riflettere meglio sulla generalizzata sottomissione della società degli uomini ad una volontà eterodiretta.

É bello riflettere sullo stato dellecose attraverso gli strumenti critici offerti dal cinema, e quello prodotto da Yorgos lanthimos, al giorno d'oggi, risulta essere tra i migliori in fatto di stimolazione continuata dei neuroni. 

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