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1981: Indagine a New York

Regia di J.C. Chandor vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 1981: Indagine a New York

di kosmiktrigger23
7 stelle

Ho molto apprezzato questo film, per vari motivi: innanzitutto, anche se la storia si svolge nel 1981,  i personaggi non vanno in giro conciati come dei cretini usciti da un video dei Village People e la colonna sonora non ti ammanisce la classifica dei singoli di Bilboard di quell'anno. E grazie al cielo, nessuno va all'odioso Studio 54.

Anzi, il film esordisce con molto buongusto con la versione degli Impressions di "Inner City Blues", il cui ritornello sarebbe perfetto a proposito del protagonista: 

 

Make me wanna holler
The way they do my life
This ain't livin', This ain't livin'
No, no baby, this ain't livin'.

 

E' un film estremamente serio, quasi austero, che lavora essenzialmente su due artifici: l'ellissi e la relazione del protagonista con la città. New York, infatti, è insieme al bravissimo Oscar Isaac, la grande protagonista di questo film. Il regista ama inquadrare il suo personaggio, Abel Morales, negli spazi della sua città, così profondamente conosciuta e vissuta da lui: lo fa spesso con lenti raccordi sull'asse che collocano i personaggi all'interno di inquadrature curate senza essere manieriste. E' uno stile di regia molto funzionale al messaggio del film, che letteralmente invita lo spettatore a esplorare la problematica realtà della vicenda esposta, a meditare insieme a Morales sul vivere in un contesto così duro, così ambiguo, in grado di tenere chiunque costantemente "sotto pressione" (per usare un'espressione che ricorre spesso nel film). Anche la colonna sonora che accompagna queste sequenze è in qulche modo consona allo scopo: lunghi droni in tonalità minore, che allo stesso tempo trasmettono allo spettatore un'attitudine concentrata e partecipe. Si tratta dunque di una colonna sonora estremamente drammatica, impressionistica, con un ruolo molto attivo nella costruzione complessiva del film.

L'altra figura retorica di base è l'ellissi: innanzitutto il protagonista è una figura all'insegna del non-detto; lo vediamo pensare, rimuginare, ripensare in continuazione (e ci mancherebbe altro, colle gatte da pelare che c'ha!!). Tutto questo arrovellarsi documentato dalle inquadrature trova uno sfogo limitato nelle parole. Almeno, questa è una mia impressione. In una sequenza lui e sua moglie litigano violentemente a proposito di un certo conto in banca: lei vorrebbe usare i soldi, lui è fermamente contrario. Nella sequenza successiva, il mattino dopo, lui ha improvvisamente cambiato idea: useranno quei soldi.

Questo è un esempio molto evidente, ma questo modo di narrare è diffuso per tutta la durata del film.

Questo stile ellittico si trasforma dunque in una generale atmosfera allusiva che coinvolge lo spettatore attivamente nella ricostruzione del contesto del film: intuiamo che la condizione di immigrato di successo ha un certo peso nel modo di agire e pensare di Morales, così come il fatto di essere figlia di un gangster condiziona sua moglie, ma non ci sono "spiegoni" che scodellino la pappa allo spettatore.

Così rimane molto azzeccata la scelta di collocare programmaticamente il film in "a most violent year" ( e per contro si capisce quanto il titolo italiano sia malaugurato). La pellicola, infatti, lavora molto sull'inafferrabile (esattamente come la violenza di un dato anno), la sua vicenda appare svolgersi in un territorio ambiguo, una zona grigia: da una parte è un exemplum, una storia violenta in un anno composto da centinaia di storie violente (in questo senso potrebbe essere un po'à la Dassin), dall'altra essa è troppo realistica, particolareggiata, "di nicchia" (il petrolio da riscaldamento intorno al quale ruota la vicenda) per assumere il carattere del'apologo.

E' un vero peccato che il regista non abbia portato fino in fondo quest'apprezzabile sensibilità per il vago e il problematico, buttandosi su scelte alla fine un po' facili (la scena del suicidio dell'impiegato, con la pesante retorica della cisterna macchiata di sangue e del foro della pallottola tappato cinicamente dal protagonista): a livello personale, posso dire di aver sperato che il film prendesse una deriva consapevolmente randagia in una scena particolare: Oscar Isaac sta andando in ufficio, incrocia uno dei venditori in corridoio e gli rivolge un frettoloso saluto, per poi entrare negli spogliatoi dove uno dei suoi camionisti aggrediti si sta cambiando e incoraggiarlo. Invece di lasciare una delle due piste narrative nel vago le sviluppa entrambe in un montaggio alternato alla lunga troppo pesante.

Comunque, nel complesso, un film interessante e divertente.

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