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Macbeth

Regia di Justin Kurzel vedi scheda film

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La recensione su Macbeth

di Ascasubi
5 stelle

Dopo quattrocento anni di tradizione teatrale realtiva alle opere del Bardo non solo possiamo parlare di ritualità rappresentativa (in senso, beninteso, positivo), ma anche di ritualità critica; il Macbeth, in particolare, ne ha sempre avuta una piuttosto intensa e puntigliosa. Nel caso di quest'opera shakespeariana taluni tipi di giudizio e stroncatura ricorrono con puntuale e liturgica frequenza, un po come il riso da lanciare agli sposi subito dopo la cerimonia; nessuna sorpresa dunque se - magari anche per vezzo - si usa parlare di un, opera "che porta sfortuna" usando piccole dosi di sana scaramanzia. Un macbeth malriuscito può essere "calligrafico" e contenere al contempo una cattiva prova della Lady che viene - nonostante codesta perniciosa fedeltà - "travisata" dal pubblico.

Non è il caso, e così veniamo al film da recensire, di Lady Macbeth di Kurzel (personaggio interpretato da Marion Cotillard), la cui prova rimane convincente e a piccoli tratti persino emozionante. In un film fieramente attaccato alla tradizione ma dove spesso si ha quasi la sensazione che la recitazione rimanga una performace individuale, la Cotillard riesce a stabilire un sincero contatto col marito (Micheal Fassbender) e a rendere credibile la sua discesa negli inferi della follia. Il dramma shakespeariano ruota su questa pazzia e, soprattutto, sull'ineluttabilità del destino, in tal senso un'altra prova degna di evidenza è quella di Paddy Considine che interpreta Banqo: a fare la differenza sono le pause, l'espressione e gli sguardi - particolari questi ultimi consentiti solo dal media cinematografico - che tradiscono l'amara accettazione della sua sorte personale in seno alla vicenda. Poco o per nulla pesuasiva è invece l'apparizione del fantasma dello stesso Banqo - un altro dei topoi della critica - così sterilmente sistemato accanto ai commensali; sembra, anzi, che il regista abbia cercato di limitare i danni di una scelta autoriale problematica e non perfettamente compresa. 

Ottima la resa visiva e sonora della battaglia che apre la vicenda così come la fotografia delle highlands scozzesi, ma, va detto, che è come suscitare l'acquolina con un pollo arrosto: troppo facile. Più difficile è rendere questi spazi abitati ed abitabili: troppo spesso si ha la sensazione che i luoghi rimangano troppo teatralmente uno sfondo, persino il castello del re sembra un'abitazione di fortuna e la regale stanza una sistemazione provvisoria. Ma forse lo è davvero, se si accetta la trionfale e funesta predestinazione del protagonista, il già citato Fassbender, che senza la moglie sembra procedere autonomamente ed in maniera monotona.

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