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The Program

Regia di Stephen Frears vedi scheda film

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La recensione su The Program

di M Valdemar
3 stelle

 

locandina

The Program (2015): locandina



Come fosse un articolo di giornale filmato: piatto, verboso e didascalico sino alla saturazione, sino all'oltrenoia. Niente picchi né sussulti né vette da scalare o quanto meno inscenare: The Program è macchinoso, prevedibile, gioca facile sul passo monotono monocorde dei biopic più manierati e superficialmente/univocamente "fedeli" alla fonte.
Nulla di più che un qualsiasi servizio o racconto dei media abbia già (ampiamente) detto, fatto; anzi, la materia trattata come un mesto compitino da scolaretti svogliati è tale che, del Lance Armstrong giovane promessa-sopravvissuto al cancro-ultravincitore cannibalico-eroe sportivo-dopato all'ennesima potenza-bugiardo-truffatore, alla fine interessa veramente poco.
La sua figura - tanto lungamente inquadrata, inseguita, fissata tra primi piani, immagini di repertorio, scene di ordinaria amministrazione dopante - finisce con l'essere un ritrattino di scarsa entità introspettiva, un manichinio bidimensionale che esiste solo tra le rigide, codificate coordinate della pagina scritta.
La "scusa del cancro" e la vittoria ad ogni costo: queste le (sole) "rivelazioni", questo il grado di scrittura che non ha saputo catturare minimamente la complessità (e la grandezza, in ogni senso e direzione possibile) del personaggio, della vicenda, delle implicazioni morali e volgarmente economiche, dell'universo-ciclismo (banalizzato a mero, incidentale sfondo).
Schiacciato su una visione manichea, ultraconvenzionale sia nel registro narrativo che nell'estetica, di immediata lettura ed elementari contrapposizioni (in questo senso va interpretata l'assenza di risvolti sentimentali), il film di Stephen Frears (??) svela apertamente la sua natura programmatica scadendo nella scondita grammatica (e nelle logiche) del genere; per di più senza nemmeno digressioni/aggiustatine "tecniche" (giusto nell'incipit i movimenti della mdp incalzano le folle nobili traiettorie d'una bicicletta lanciata in corsa).
Che la sceneggiatura - tratta dal libro del giornalista David Walsh, tra i primi a non credere all'incredibile metamorfosi armstronghiana - sia ovviamente prudente (per non dire altro) in alcuni passaggi e spericolata in altri - ma sempre banalmente "cronachistica", sempre incolore - riveste in verità poca importanza. Tutto è incentrato sul personaggio-Lance (malamente), sul volto all'uopo modificato di Ben Foster in modalità mimesi: solo che, così come non interessa granché del ciclista-truffatore texano, non interessa neppure né coinvolge la performance del solitamente bravo attore americano (insolitamente protagonista, però).
Chi invece, alla luce (penombra) dei fatti, avrebbe meritato maggior attenzione è lo sfuggente, ambiguo e famigerato dr. Michele Ferrari (ben interpretato da Guillaume Canet), l'anima nera - non priva di ambizioni e ardite teorie medico-scientifiche - dietro al "Programma".



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