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Mia madre

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Mia madre

di chinaski
8 stelle

Istanti presenti e ricordi. Frammenti di sogni, appigli mentali e illusioni da cui imparare a staccarsi. E lasciarsi cadere. Si fa fluido il cinema di Nanni Moretti, capace di scorrere, adattarsi, trascinarti con sé. Prima nelle immagini, poi nelle emozioni, nella piccola stanza di ospedale dove è ricoverata una madre morente, nelle altre stanze ormai vuote della sua casa, dove Margherita si ritrova a stare, alcune volte con il fratello, altre con la propria figlia, oppure da sola, perché l’acqua, come in un sogno, ha reso il suo appartamento inagibile. E negli spazi della casa materna la presenza di questa donna è ancora concreta in tutto quello che è appartenuto alla sua vita (i libri, la scuola) e Margherita piange e si commuove cercando una bolletta, lisciando i vestiti presi in un armadio, passando un dito sulla copertina di un dizionario di latino, perché questi stessi oggetti le parlano e le ripetono che sua madre, tra poco, non ci sarà più. E l’eco di questa vita che sta per finire, dei rapporti che si sono trasformati, di legami inscindibili (chi può mai separarsi dalla propria madre?) si percepisce ovunque all’interno del film, il momento che riesce a cogliere così bene Nanni Moretti, mostrandolo attraverso una serie di piccoli quadri emotivi (così semplici e realistici) è quello di un passaggio: una donna in bilico tra l’essere madre e figlia deve affrontare un cambiamento, qualcosa di instabile, doloroso e necessario. Non solo per continuare a crescere, ma anche (e soprattutto) per prendere coscienza di sé stessa, dei propri errori e sbagli. E si alterna a questa intimità, a questo continuo sfiorare le corde emotive degli attori e degli spettatori, la storia di Margherita-regista, del suo ultimo film, dei problemi (molto morettiani) sul set, del rapporto/scontro con il suo attore principale, un John Turturro in tutta la sua poliedrica (e solo in apparenza fuori controllo) vitalità. Una regista in bilico tra molteplici fallimenti (personali, lavorativi), al cui fianco, nell’accompagnare la madre verso la fine, c’è un Moretti-attore (nel ruolo del fratello) molto pacato, a tratti silenzioso, che sembra aver raggiunto una essenzialità espressiva (una saggezza?) che lo fa stare in disparte, al fianco del personaggio come gli consiglierebbe la Margherita-regista. Ed è lo stesso Moretti a ritagliarsi un momento di grande speranza, quando davanti al suo datore di lavoro, dopo avergli comunicato la decisione di dare le dimissioni e essersi sentito rispondere che alla sua età difficilmente avrebbe trovato un’altra occupazione, ecco, in questa situazione Nanni non dice nulla, si scioglie in una risata, una risata che va dritta in faccia alla nostra società e ai suoi meccanismi e allora forse è venuto il momento di riprendersi tutto: tempo, spazi ed emozioni, perché ci possa essere ancora un domani, non solo per esorcizzare la morte, ma soprattutto per riempirlo di vita. La nostra.

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