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Lo sperone nudo

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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La recensione su Lo sperone nudo

di Decks
8 stelle

"Scegliere una strada per morire? Qual è la differenza? Scegliere una strada per vivere... Questo è difficile". Frase pronunziata da Robert Ryan nei panni di Ben il fuorilegge, essa è l'emblema di tutto il film di Mann, che porta ad un confronto obbligatorio (causato dalle circostanze) di quattro uomini e una donna lungo il selvaggio West.

Discostandosi dai soliti canoni, Mann crea dei personaggi indimenticabili per la pellicola, tutti ambigui e con svariati lati negativi. Persino il protagonista non è esente da difetti, e tutti sono accomunati da un'avidità strisciante e dal desiderio di ricominciare una nuova vita. Mitchell/Jesse è un fallito cercatore d'oro, ha speso tutta la sua vita seguendo consigli poco attendibili, misogino e tonto. Meeker/Roy è un ufficiale disertore, gradasso, instabile e il più ingordo dei tre, un vero "avvoltoio". Leigh/Lina è in cerca della stabilità familiare, sola in mezzo agli uomini, vuole solo realizzare il suo sogno. Ryan/Ben è in fuga dalla legge, con unico scopo la sopravvivenza e l'omicidio, che col suo perenne sorriso demoniaco accoglie ogni situazione con ironia e astuzia. Infine Stewart/Howard è freddo, scostante e irascibile, un cacciatore di taglie (non per scelta) senza nemmeno una fissa dimora. Saranno le loro scelte a decretare una seconda possibilità di vita o il fallimento, con Ben che assumendo toni mefistofelici e proposte melliflue cercherà di condurli verso la rovina, attuando una vera opera luciferina, seminando zizzania e odio tra persone che non hanno nulla da perdere. Fortunatamente "l'Eva" della situazione ripudia il suo serpentesco compagno, favorendo la giustizia. E' la pietà che muoverà la donna, ed è sempre la pietà che porta il percorso di Stewart verso il bene e non verso la bramosia, pagando un duro prezzo per una nuova vita.

Se le interpretazioni sono eccelse, stessa cosa sono scenografie e sceneggiatura. Il ruolo del paesaggio non è affatto secondario, la natura incantevole diventa subito insidiosa, e se la calma placida del fiume simboleggia il momento di stallo del gruppo, l'irruenza delle rapide è determinante per il ritmo dello scontro finale, vendicando e punendo chi osa metterglisi contro per concupiscenza.
La sceneggiatura invece, la fa da padrona dall'inizio alla fine, con dialoghi che vanno dall'astuto Ben, insinuanti e sottili, ai tre uomini, duri e spesso impietosi, finendo nelle parole drammatiche e sottomesse di Janet Leigh. Tutto ciò riesce a dare maggior spessore ad una già elevata caratterizzazione psicologica.
La regia è serrata, e tiene un ottimo ritmo dove lo spettatore non perde l'attenzione nemmeno un'istante alle contrapposizioni psicologiche e fisiche, pochi i primi piani, con la cinepresa sempre lontana simboleggiando la distanza che vi è tra quelle persone così disumane.

Dal lato tecnico però vi è un montaggio che col passare degli anni risulta spiacevole, con stacchi delle scene troppo marcati e poco sopportabili. Manipolando spazio e tempo con divisioni nette, facendo perdere il ritmo che l'ottima regia aveva conferito alla pellicola. Stewart purtroppo non regge il confronto con gli altri. Ed anche se inizialmente il suo cinismo risulta originale per il personaggio principale, diviene subito stancante e dopo poco perde la scena a favore degli altri attori.

Anche se risulta un po' datato, è un grande western psicologico del periodo d'oro, che porta novità sotto aspetti caratteriali e simbolici, con il paesaggio del Colorado che fa da protagonista. Minaccioso verso questi cinque personaggi che a seconda delle loro scelte saranno travolti o meno dalla "corrente impetuosa" degli eventi.

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