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Thou Wast Mild and Lovely

Regia di Josephine Decker vedi scheda film

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La recensione su Thou Wast Mild and Lovely

di lostraniero
8 stelle

“In ogni uomo combattono due lupi. Uno rappresenta la bontà, l’altro il male. Quale lupo sta vincendo?”…

 

 

 

Josephine Decker usa la sua lente digitale per poter fissare l’ancestrale nostro, e sfoca e rimette a fuoco il mito per tentare di ottenerne un po’ di succo antropologico. Anche una stilla di nettare antropofago le andrebbe bene, vista la sospensione di termini e l’acutezza di tutto questo vago dimenare il plot che barcolla tra un ‘wild tale’ e, a tratti, sconfina in un orrore contratto che si annebbia e vola e si riposa alla corolla come un’ape impazzita. Una forma argentina, chiara – quantunque non lineare – di slasher canticchiato in honky tonk.

Certo una piccola, sorprendente epifania nel bel mezzo di questo guado generazionale e produttivo, mentre si smolecola il classico ordine circoncentrico (mainstream, indipendent, b-movie) del cinema americano del nuovo secolo/millennio, e prende forma un nuovo schema. Un planetario asimmetrico, e lo vediamo dunque ‘eccentrico’, dove un’opera ‘di genere’ attraversa lo spirito dell’autoproduzione e, sussumendo tratti di qua e di là, arriva a planare su un’idea di classicità del racconto (non una sola sbavatura d’armamentario ‘radical-chic’ troverete, non una minuscola strizzatina d’occhio al grand guignol che imperversa nell’horror che fa cassetta e seduce le masse), che è sintesi e allo stesso tempo ridotta antitesi di se stessa.

 

 

 

“Il mio amore non è caduto dal cielo o è saltato fuori dalla terra. Il mio amore non ha mani, come le mani che ho conosciuto”…

 

 

 

In “Thou wast mild and lovely” questa arringa pretoriana verso un’ide a Marzo per il Gaio-Giulio-Cesare-Block-Buster, trova lentamente/inesorabilmente lame e cesoie e coltelli e metalli e bastoni e mani e braccia pronte a colpire alle spalle. A ficcare i fendenti dentro al petto borioso di un padre che ha azzannato la propria figlia, e l’ha rinchiusa nel sonnacchioso mondo del “così si fa”. Qui è tutto un divenire alchemico, che non vuol dire caotico insieme ma prostrato al divino insegnamento della mente dell’artista. Non al vademecum della produzione, o alle bizze di un pubblico colto e vacuo allo stesso tempo.

Un film liberatorio, prima che liberato. Un’opera cinematografica che diventa quasi un organismo psicofisico; che respira, che appanna l’obiettivo, che trema, che ruota, che sferza e che ritorna lì dove aveva lasciato tracce di saliva di desiderio. Sputi di sangue. O piccole gocce di sperma.

Cosa ha costruito, quindi, la Decker?

Facile rispondere che stiamo gustando la classica storiella di confine tra l’uomo e la donna, Prometeo e Pandora, quel prendere le distanze tra la razza degli uomini e quella degli dei e degli animali; ma davvero “Thou wast mild and lovely” è cinema sovversivo, più moralmente (con quel giro tra l’inconscio ed il selvaggio che giunge netto agli inferi, e risale verso un’ultima inquadratura di cielo terso e pacato) che esteticamente (anche se certe composizioni e certe ‘messe in scena’, davvero contengono abbastanza classe e lo spirito che si richiede).

E’ una superficie di dramma senza tempo? No. Forse un vuoto d’inquietudine nel buio sostrato della nostra contemporaneità. Comunque ‘qualcosa’ che va visto.

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