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Kreuzweg - Le stazioni della fede

Regia di Dietrich Brüggemann vedi scheda film

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La recensione su Kreuzweg - Le stazioni della fede

di MarioC
7 stelle

Le stazioni di una personale Via Crucis in 14 quadri di fissità ieratica ed impercettibili, masochistici, violenti sobbalzi interiori. Innalzamento all’empireo dello spirito e discesa agli inferi del rifiuto della vita terrena. Miracoli, conati di santità (ovvero volontà di sua imposizione, in quella che è la scena più raggelante del film), dubbi adolescenziali risolti in favore dell’annullamento di sé, opzione che è forse, e paradossalmente, la più comoda per gettarsi alle spalle la fatica di vivere. La telecamera non indugia e prende subito posizione: primi piani ridotti all’osso, mera registrazione di una vita che è, e deve essere, sacrificio. La religione quale scappatoia, assenza di dubbio, radicalità, uno sguardo che non può dirsi né morale né etico ma soltanto cronachistico, abbracciante un’asetticità che solo i rari pianti, gli sporadici inciampi del vivere e della giovinezza sono capaci di intaccare. La scena della confessione (ecco la scelta di un primo piano, comunque privo di mobilità, in cui protagonista è un profilo – e potrebbe quasi pensarsi che l’altra parte del viso manifesti disaccordo ovvero si libri lungo il sottile crinale che divide povertà di azioni e germogliare di pensieri-) è il manifesto di Kreuzweg: comunicare, e comunicarsi, in un percorso di crescita che si accetta supinamente e che contempla un distacco non operativo. Niente musica demoniaca (tra l’altro, breve soprassalto di cosciente satira, l’unica canzone che si ascolta è dei Roxette, non esattamente tra gli esponenti dei simpatizzanti di Satana), niente pensieri di contatto con l’altro sesso; dunque, niente adolescenza, nessuna cedevolezza al brio ed alla gioia. Il Signore ci guarda e sa. Sta a noi scegliere se accoglierlo o voltarci dall’altra parte. Sarà l’ambiente in cui viviamo a facilitare la scelta: i pulcini di uomo devono molto, tutto, alla famiglia e dalla famiglia sono incanalati lungo i ponti della vita. Sorridere durante una foto è mostrarsi gioiosi agli altri ed eliminare ogni possibile scoria di impurità. E’ accogliere in sé l’eternità atarassica, l’impossibilità di ribellione, squadernare il campionario di una catechesi che informa di sé ogni anfratto di quotidianità.

 

 

Sul tema aveva detto molto di più (e meglio) Lourdes, con la sua ironia tagliente, con le ronde di personaggi sempre sull’orlo di un salutare tuffo nella ragione, nel pericolosissimo raziocinio. Ma Kreuzweg ha una sua indubbia compattezza: stilistica, formale, anche ideologica; nel suo lasciare poco spazio agli svolazzi, nella sua ricordata valenza cronachistica, nell’inquadrare le relazioni umane quale mero incidente lungo un percorso che condurrà alla estrema solitudine ed al definitivo abbandono di sé e del proprio corpo, il film impone allo spettatore una riflessione sul suo modo di intendere la spiritualità, mettendolo di fronte ad una necessaria riconsiderazione delle scelte fatte e da fare. Nell’ultima scena la macchina da presa si ridesta e sembra obbligata a muoversi alla ricerca di aria e respiro: il breve piano sequenza che da una squallida tomba conduce al paesaggio rigoglioso, di un verde che non è mai stato di speranza ma solo di casuale atout cromatico, è un estremo e rigoroso saluto ad un breve viaggio umano che non ha avuto tempo, né volontà, di incontrare procelle di alcun tipo lungo il suo incedere. Il ragazzo che depone un fiore e si allontana rapido è stato soltanto un accidente di passaggio, il tedoforo di una vita che non tutti hanno volontà, né forse necessità, di accettare. “Il buon cristiano è un guerriero” recita il sacerdote nella prima stazione della via della croce. Tra le possibilità della guerra c’è anche quella di una morte. Gioiosa, naturalmente; ed il pianto di una madre cede alla disperazione solo per un attimo: chi ha vissuto da santo da santo morirà e come santo sarà ricordato, senza più barriere temporali. Se questo sia o meno un messaggio consolatorio sta a noi dirlo. Kreuzweg sceglie di non rivelarcelo, porgendoci il relativo quesito.

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