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La teoria del tutto

Regia di James Marsh vedi scheda film

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La recensione su La teoria del tutto

di DennyB
3 stelle

Nel 1963 il giovane Stephen Hawking (Eddie Redmayne) è uno studente di cosmologia dell'Università di Cambridge che sta cercando un'equazione in grado di spiegare la nascita dell'universo. A una festa conosce Jane Wilde (Felicity Jones), una studentessa di lettere, ed entrambi rimangono colpiti l'uno dall'altra. Ma la loro storia d'amore verrà ostacolata dalla comparsa della malattia degenerativa di Stephen che lo porterà mano a mano a perdere il controllo delle principali funzioni motorie. Ma l'amore vince su tutto, come si dice, e Stephen e Jane affronteranno insieme la malattia.

 

Eccoci a una nuova puntata di "Come confezionare un film che faccia incetta di nomination agli Oscar". Prendete una storia drammatica - se riguarda un genio della scienza quale Stephen Hawking è preferibile - aggiungeteci l'amore che è un po' come l'olio extravergine, non manca mai, mettete il tutto su di un piatto colorato come l'arcobaleno e infine fate sì che una mano registica furba sparga, come pepe, inquadrature morbose e che la mano degli sceneggiatori grattugino sopra il piatto le teorie di Hawking riducendolo a un unico e svolazzante coriandolo: "Finché c'è vita c'è speranza". E finché c'è l'Oscar c'è chi desidera acchiapparlo.

 

La teoria del tutto, ennesimo biopic di quest'anno dopo Big Eyes, American Sniper e The Imitation Game, è una soap opera zuccherosa di due ore i cui cliché - in questo caso pescati dalla vita reale dei due protagonisti - li si può prevedere con mezz'ora di anticipo: colpo di fulmine tra Stephen e Jane durante una festa universitaria. La aspetta fuori dalla chiesa e la invita a pranzo assieme alla famiglia al cui cospetto invita Jane al ballo di fine anno che si svolge tra giostre, palchi di ballo, e sparuti fuochi d'artificio che fanno capolino dalle guglie del complesso architettonico di Cambridge dove, su un ponte illuminato, i due innamorati chiudono la serata con un bacio. I primi vagiti della sua teoria su... cosa? vanno di pari passo con i sintomi della sua malattia degenerativa che uccide le cellule del cervello che controllano le principali azioni motorie e che lo porteranno alla morte in due anni scarsi (cosa che non avviene).

 

La regia del documentarista James Marsh risulta beffarda quando inquadra le ruote della bicicletta e le gambe dei vogatori e morbosa invece quando fa i primi piani dei piedi storti, le mani artritiche e le rotelle della carrozzina di Stephen Hawking (un Eddie Redmayne convincente). Si dimostra inadeguato a dirigere un film che tratta in maniera del tutto ordinaria la vita di un genio della fisica che con le sue teorie ha portato all'arricchimento del pensiero scientifico. Cos'è la teoria del tutto da cui prende il titolo?

 

Il film non lo specifica. E' tanto lineare quanto tremendamente convenzionale. Invece di focalizzare l'attenzione sulle teorie - esponendole in un linguaggio adatto per noi non addetti ai lavori - si preferisce schiacciarle sotto le rotelle per concentrarsi sul decorso della sua terribile malattia e sulla love story che non emozionerebbe neanche il più empatico degli spettatori.

 

All'inizio si fa riferimento alla sua intenzione di formulare un'equazione che spieghi l'origine dell'universo poi sull'origine e fine del tempo, in seguito dimostra senza alcun calcolo che se una stella sparisce in un buco nero poi esso stesso sparisce e infine confuta entrambe le teorie con cui ha ottenuto il dottorato dicendo che l'universo non ha confini quindi non ha né inizio né fine. E neanche questo strazio di pellicola sembrerebbe non avere una fine. E il messaggio finale "Finché c'è vita c'è speranza" pronunciato da Hawking durante una conferenza americana sul Tempo - i personaggi non invecchiano mai, quindi credo abbiano scoperto un aggeggio che riavvolga il tempo, oppure, più probabile, ciò è il risultato del regista negligente - è di una banalità sconcertante. La teoria del tutto, ennesimo prodotto confezionato, è un buco nero che inghiottirà il vostro tempo lasciandovi con due ore in meno da spendere in attività più producenti. Salvatevi.

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