La recensione su Exodus: Dei e Re

Per giudicare Exodus bisogna fare una distinzione: una cosa è comprendere come R.Scott si è rapportato al testo d'origine della storia (in questo caso la Bibbia), un'altra (molto più determinante) inserire l'ultima fatica del regista inglese all'interno della sua notevole filmografia.
1.R.Scott va elogiato perché rifiuta qualsiasi confronto, rivisitazione o tributo al capolavoro di Cecil B. DeMille. Vuole seguire una strada autonoma e personale e non teme di forzare il testo d'origine per raccontare ciò che gli preme, l'urgenza delle sue istanze ha il sopravvento su qualsiasi illustrazione calligrafica del testo sacro. Questa procedura è TIPICA di qualsiasi artista. Un esempio? Nel 1563 Paolo Veronese dipinge le Nozze di Cana manipolando il testo sacro senza remore visto che inserisce elementi contemporanei e rinascimentali all'interno di un evento risalente all'età di Cristo. Nessuno urla allo scandalo. Tutti elogiano il Veronese, oggi esposto davanti alla Gioconda ... Come Scott non si è preoccupato della storia del vero Commodo per allestire il Gladiatore, così fa con Exodus. L'imperversare delle piaghe nella Bibbia ha una giustificazione molto poco mistica:il Dio dell'Antico Testamento indurisce il cuore di Ramses e lo spinge a rifiutare l'accordo con Mosè, perché vuole dimostrargli con forza la SUA ESSENZA DIVINA (se è corretta l'ipotesi di alcuni che fanno derivare il termine Pasqua dall'egiziano, il vero significato è "colpo"). Dio che vuole far perire gli Egiziani in mare dice:"trarrò gloria dal Faraone, dai suoi carri e cavalieri". Alle problematiche del testo Scott spesso sostituisce le sue di artista che si confronta col divino, con la fede, col travaglio dell'uomo moderno chiamato a scegliere la strada giusta tra mille dubbi. Il rapporto Mosè-Dio nel film è eloquente in tal senso: mentre Mosè scolpisce le leggi di cui è avvertita la necessità dice a Dio che non sempre è d'accordo con lui e Dio gli risponde la medesima cosa. La presenza della legge non vuol dire la mancanza di disaccordo e di riflessione. Gerusalemme è niente e tutto contemporaneamente ... fa dire Scott a un suo altro grande personaggio nelle Crociate.
2. Questo ci porta al punto cruciale: il rapporto tra Exodus e gli altri film di Scott. Il roveto che brucia, ad esempio, nelle Crociate trova una giustificazione razionale, in Exodus è un atto divino ... Scott è il primo a brancolare nel buio. In questo buio, i suoi eroi (protagonista e antagonista) diventano centri catalizzatori dell'azione, dalle loro scelte e dai loro gesti scaturisce il senso ultimo della storia del film (ecco perché Aronne è sacrificato). Dopo Massimo vs. Commodo, Robin vs. Giovanni e Baliano vs Guido, ora troviamo Mosè vs. Ramesse. Riflessioni sul potere, sul fare la cosa giusta che non sempre dipende dagli ordini ricevuti, l'esigenza di tornare a casa dopo le fatiche, e soprattutto chi merita di esercitare davvero il potere e da che cosa dipendono questi meriti sono le cruciali domande che Scott si pone inserendole in una cornice fatta di ritmo, azione magistralmente girata e illuminata che acquisisce senso perché luci, duelli, inseguimenti, architetture e scenografie servono a delineare i chiaroscuri delle riflessioni etiche che il film porta avanti.

Molti lavori di Scott, come "1492 - La conquista del paradiso", furono stroncati alla loro uscita, oggi sono rivalutati. Così accadrà a Exodus.
Di "1492" oggi si scrive: "per lunghi tratti girato in tato di grazia, è un film incompreso ... kolossal visionario"
Di "Hannibal" oggi si scrive: "Opera che ha nei notturni e nella violenza esasperata i passi portanti. Film discontinuo ma affascinante."