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Smetto quando voglio

Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film

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La recensione su Smetto quando voglio

di LorCio
8 stelle

Dio della commedia preservaci questo giovane Sydney Sibilia, preserva la sua volontà di creare una commedia diversa in questo nostro sciagurato paese votato ciecamente alla commedia più trita e ritrita, preserva la sua gioia di contaminare la commedia all’italiana dei nostri padri con le tendenze più contemporanee della produzione internazionale! Al di là della spudorata e spropositata adulazione, diciamocelo: che gran commedia Smetto quando voglio, intelligente aggiornamento del monumento imperituro de I soliti ignoti ai tempi di Breaking Bad, acido racconto di un manipolo di improvvisati spacciatori di una droga legale, ricercatori disperati all’epoca sì della crisi ma soprattutto del vuoto pneumatico (il magnifico professore-barone di Sergio Solli).

 

All’origine della miglior commedia della stagione vi sono: una mirabile operazione rigeneratrice della nostra tradizione comica (qual è, in fondo, il tema portante? La fame, come d’altronde ben sapevano Age, Scarpelli, Benvenuti, De Bernardi e compagni, pace all’anima loro); una storia magari prevedibile, però scritta in una maniera così leggera e limpida da risultare più che piacevole, mai ruffiana, forse solo problematica nella risoluzione degli ultimi venti minuti (semplicistici, escluse le ultime, fulminanti scene, davvero da antologia, ovviamente non svelabili in questa sede); una regia non solo capace di infondere ritmo all’azione (ma il merito è pure del reparto tecnico, dal serrato montaggio di Gianni Vezzosi fino all’acidissima fotografia giocata sui verdi e i rossi di Vladan Radovic, senza tacere sull’ottima scelta musicale) ma anche pregna di espressiva personalità, pur nei limiti di un esordio; un cast azzeccatissimo in cui sono da citare i meravigliosi latinisti isterici di Valerio Aprea e Lorenzo Lavia (ma è un gusto personale per motivi accademici), l’economista convinto di vincere a poker grazie ai calcoli di Libero De Rienzo, il chimico strafatto di Stefano Fresi e l’archeologo precarissimo di Paolo Calabresi.

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